Né biografia né romanzo, eppure un po’ di entrambi. Aldo Nove riscrive le vite di Battiato incrociandole alla sua, in cinquanta brevi capitoli e una lettera aperta, con sei Intermezzi nei quali affiora l’io narrante dello scrittore di Viggiù. Dissolvenze incrociate tra la provincia catanese del secondo dopoguerra e quella varesotta di inizio anni Settanta. Mondi lontanissimi, ma neppure tanto; universi paralleli che Nove si diverte a intersecare. Dalla gavetta con la fame, quella vera, combattuta con «un caco e un po’ di pane», mentre insegue non già il successo ma un’altra vita. La crisi del 1971, la scoperta della filosofia indiana, gli incontri decisivi: Pino Massara, Giorgio Gaber, Gianni Sassi, genio multiforme di quel tempo. E ancora Giusto Pio e Manlio Sgalambro, ché anche la canzone può essere musica colta. Quelle di Battiato sono metamorfosi artistiche, non solo di suoni ma anche di cinema e scrittura, fino al recente silenzio che — scrive l’autore nella sua lettera conclusiva — «sempre più trascende nel diventare lo spazio in cui galleggia la mole di quanto mi hai donato e adesso pure mi doni».