Esisterà una sarditudine? È forse un sentimento, o un carattere, come un marchio distintivo – insieme culturale ed esistenziale – che uno si porta appresso dovunque vada, per sempre, dopo avere lasciato l’isola dei nuraghi? A dare una risposta alla domanda che i sardi, insulari e non, si fanno da tempo immemore, ci prova Daniela Zedda, fotografa antiretorica e ritrattista di grande forza.

Aldilàdelmare è una mostra ed un libro (ed. Tyche, Cagliari), godibili insieme o separatamente, nati da un viaggio lungo due anni: uno strano, sentito reportage tra i sardi (88, per l’esattezza) che hanno lasciato l’isola e hanno costruito la propria vita altrove: chi senza rimpianti, chi con nostalgia, chi avendo la terra d’origine per costante fonte di ispirazione. Dice Zedda con i suoi scatti – indagatori, saturi di colore, architettonicamente strutturati – che i sardi d’oltremare azzerano i difetti d’origine, quelli identitari (leggenda vuole l’invidia, un certo qual disincanto, la scarsa intraprendenza), per esaltare i pregi di un’educazione austera: l’affidabilità, la coerenza, la franchezza nei rapporti. E così raggiungono in terre lontane obiettivi ambiziosi, in campi diversissimi: teatro, scienze, musica, cucina, arte, letteratura. Alcuni sono celebri: il filosofo Remo Bodei, Geppi Cucciari e il suo accento sardo portato con orgoglio, Antonio Marras, artista e couturier. Altri svolgono mestieri inconsueti: selezionatori di orchidee, produttori di parmigiano, progettisti di Ferrari. La sardità li accomuna? Non si direbbe.

Piuttosto, a sfogliare le pagine del libro e visitando la mostra, negli spazi inaspettati e folgoranti delle vecchie officine dell’ex Scuola industriale di Cagliari, oggi Liceo artistico (chiusi da cinquant’anni e riaperti per l’occasione), i personaggi ritratti sembrerebbero accomunati dalla capacità di adattarsi in modo fluido, positivo ma non mimetico, al luogo d’elezione. Una relazione di sana osmosi, per accrescere le proprie possibilità, accogliendo gli stimoli offerti dai luoghi senza perdere, d’altronde, le radici. L’allestimento dell’esposizione è minimale, in rispettoso dialogo con l’architettura: ad accogliere il visitatore un’infilata di rossi fiammanti, così carichi da riscaldare e riempire i grigi industriali e di cemento dell’ambiente. Una foto per tutte: Agostina Pinon Dore, capo ufficio stampa della Cité de L’Architecture di Parigi. Una scala secondaria del museo, elicoidale e assolutamente rossa, inquadra lo sguardo diretto della signora, cittadina del mondo. Segue la sezione delle foto caleidoscopiche, di grande impatto visivo: immagini a specchio, o rifratte, in cui la realtà sfugge ad una definizione univoca. Così Francesco Muntoni, neurologo pediatrico di stanza a Londra, si moltiplica, come il modello di dna nelle vetrine del Museo della Scienza, dove il medico ha scelto di posare.

Sorprende sapere che tutte le foto sono state realizzate a luce naturale, senz’ausilio di luci: Zedda indaga la persona e il luogo, e piano piano ci si accorge che, in realtà, la ragione vera del reportage, è, in effetti, proprio la relazione tra persona e ambiente. La fotografa ha invitato, nelle sue peregrinazioni da Barcellona a Helsinki passando per Roma o Milano, gli effigiati a indicare, per realizzare il ritratto, un luogo significativo della città d’accoglienza: in tanti hanno scelto palazzi storici e musei.

Aldilàdelmare è anche una galleria di foto sui musei di grande originalità: dal Museo del Novecento di Milano, alla Centrale Montemartini di Roma, al Museo Civico medievale di Bologna. Nello sguardo laterale della fotografa, volto a restituire le qualità di un individuo, i musei diventano co-protagonisti dell’immagine e ritrovano la loro funzione naturale, quella di luoghi dell’appartenenza collettiva e, dunque di ciascuno. Completano i ritratti degli 88 isolani del continente i testi di Maria Paola Masala, biografie lievi rese con un timbro argentino e l’introduzione di Laura Incardona.