Chissà perché, Sade Mangiaracina era finita a gareggiare tra le nuove proposte di Sanremo 2018. Bene, benissimo, che sia stata esclusa. Il suo posto è il jazz, genere in cui promette di diventare un nome importante. Diploma in pianoforte alla Royal School of music di Londra e poi all’accademia romana Percentomusica, il cammino della trentenne di Castelvetrano, Trapani, inizia a ventun anni da tre progetti originali: Pure Songs, insieme alla cantante palermitana Laura Lala; Sade Mangiaracina Quartet e Sade Mangiaracina Trio.

Nel 2008, con Anne Paceo alla batteria e Caterina Palazzi al contrabbasso, forma il Violet Trio, che si esibisce ai festival di Saint Germain de Prés, Oloron, Marciac, e apre i concerti del tour italiano di Dionne Warwick. Da queste esperienze nascono gli album Philosophy, 2009, e nel 2010 Pure Songs. Sei anni dopo esce La terra dei ciclopi, omaggio di Sade alla sua Sicilia. Il disco evidenzia la straordinaria capacità della pianista di comporre, improvvisare, dialogare con altri artisti, nello specifico il trombettista Luca Aquino, chiedendo alla modernità del jazz di fondersi nei costrutti della classica e del repertorio tradizionale.

Il recentissimo Le mie donne, per la Tuk Music di Paolo Fresu, prosegue in questa direzione, allargando gli orizzonti sonori. I nove brani sono dedicati ad altrettante figure femminili – simbolo: Malaia, Anne Frank, Rosa Parks, Frida Kalo… In ciascuno, Mangiaracina porta gli echi musicali dei paesi d’origine delle ‘sue’ donne, oppure disegna lo spartito attorno alla loro figura e alla loro vita. Succede, così, che ogni traccia sia una storia a sé e al medesimo tempo una prosecuzione delle precedenti; che si trasformi in un’anomala suite per pianoforte, aperta dai quattro, magnifici, minuti di Rosa.