Una delle direttrici principali degli Stati Generali voluti dal premier Conte è l’inclusione sociale. Un obiettivo che mette in primo piano il ruolo delle parti sociali a partire da Cgil, Cisl e Uil che domani mattina discuteranno a villa Pamphilj prima il piano Colao (ore 9), poi incontreranno Conte (ore 10) separatamente da quella Confindustria che ha idee molto diverse sull’argomento.

Annamaria Furlan, segretaria generale Cisl

Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, cosa vi aspettate dagli Stati Generali?
Intanto ha fatto benissimo il presidente Mattarella, come sempre gli capita, ad insistere sulla concretezza delle risposte, ce n’è assolutamente bisogno. Gli Stati generali convocati da Conte sono una buona occasione per un’analisi completa della situazione e soprattutto per fare proposte condivise. Ma dopo, in tempi brevissimi, è necessario che siano seguiti da un protocollo d’intesa fra governo, istituzioni e parti sociali su aspetti concreti in cui ogni singolo soggetto abbia la sua parte di responsabilità sulla linea di quello che avvenne con Ciampi nel 1993.

Riproponete la concertazione? Non pensa che vi risponderanno che si tratta di un modello vecchio e non riproponibile?
Ma noi siamo consapevoli che siamo in una situazione completamente diversa e stiamo discutendo temi diversi da quelli del 1993. Quello che vogliamo però riproporre è un modello di condivisione degli impegni e delle responsabilità che ci pare fondamentale per rilanciare il paese in questo momento drammatico. Da solo nessuno – nè il governo, nè Confindustria – ce la può fare; possiamo farcela solo tutti insieme avendo ognuno una fetta di responsabilità.

[do action=”citazione”]Serve il metodo Ciampi. A Bonomi ricordiamo che la contrattazione è decisiva per la produttività. Invece Confindustria è in ritardo sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese[/do]

Ma questo protocollo quali priorità dovrebbe definire? Quali punti per voi sono necessari per l’obiettivo della coesione sociale?
Si tratta di 5-6 priorità ben precise. A partire dal potenziamento del sistema sanitario: abbiamo visto cosa hanno prodotto 15-20 anni di tagli di posti letto e personale nell’affrontare la pandemia. Servono assunzioni di medici, infermieri, operatori sanitari soprattutto sul territorio. Poi servono politiche di investimenti pubblici – calati continuamente dal 2009 – per la crescita di tutto il settore produttivo, dal manifatturiero al turismo. E questo per fortuna si può fare sfruttando il cambiamento profondo delle logiche europee che ci permettono di avere risorse ingenti che però non vanno sprecate.

Conte ha già detto che vuole sbloccare i cantieri, ma c’è chi riparla di ponte di Messina…
Noi diciamo che vanno sbloccate tutte le infrastrutture ma diamo priorità uguale alle infrastrutture immateriali, a partire dalla banda larga la cui mancanza ha reso difficile il telelavoro e la didattica a distanza nella scuola. Per le infrastrutture materiali bisogna partire dall’Altà velocità: non è possibile che si fermi a Salerno e che il resto della rete ferroviaria al Sud è rimasta borbonica. La pandemia ha allargato la forbice con il Mezzogiorno, serve far partire subito il piano per il Sud che il ministro Provenzano ha discusso con noi.

Sul lavoro invece voi avete apprezzato gli interventi del governo nell’emergenza. Per affrontare la crisi che si annuncia in autunno cosa serve?
Serve una riforma vera degli ammortizzatori sociali. Durante l’emergenza il governo ci ha ascoltato è ha allargato gli strumenti esistenti per tutelare tutti i lavoratori. Ora però va messa fine al ginepraio infinito di strumenti per definire chiaramente un sistema universale che copra tutti i lavoratori in modo certo e duraturo. Vanno poi fatti investimenti forti nella scuola e nella pubblica amministrazione. Mi pare che la pandemia – grazie alla professionalità di medici e infermieri – ha spazzato via il cliché dei lavoratori pubblici fannulloni. Bene, ora serve un grande piano di assunzioni, formazione e digitalizzazione per tutto il settore pubblico. È una vergogna che ancora oggi non esista un Protocollo di sicurezza per riaprire le scuole in sicurezza. Settembre è vicino: lo dobbiamo ai ragazzi.

L’altro vostro cavallo di battaglia è la riforma fiscale.
Sì, serve una redistribuzione di risorse a partire da chi le tasse le paga tutte: lavoratori dipendenti e pensionati. E invece abbiamo il record in Europa di evasione e di corruzione. Serve una profonda revisione dell’Irpef che premi chi ha sempre pagato.

Voi avete chiesto a gran voce l’emersione dei lavoratori migranti irregolari. I primi dati però parlano di poche richieste.
Guardi, per avere un primo intervento non certo esaustivo abbiamo dovuto attendere mesi. L’importanza di questi lavoratori è risaputa mentre abbiamo perso mesi a discutere di un’invasione di migranti che non c’ stata. Si cambino quindi urgentemente i decreti Sicurezza e si contrasti invece l’emigrazione dei gio vani dal Sud.

Il vostro piano però si scontra con Bonomi: il neo presidente di Confindustria vuole partire dall’abbattere il contratto nazionale.
Al presidente Bonomi voglio ricordare che la contrattazione non è alternativa alla produttività. Anzi. La contrattazione è indispensabile per rendere più competitive le imprese. E oltre alla contrattazione servirebbe la partecipazione dei lavoratori, il segreto della produttività in Germania e Francia. Su questo Confindustria è in ritardo. I contratti nazionali vanno rinnovati e chiediamo al governo di dare il buon esempio iniziando a rinnovare i contratti pubblici scaduti.