Agli inizi di agosto, il ministro egiziano delle Antichità Khaled al-Enany ha convocato una conferenza stampa presso il Grand Egyptian Museum (Gem) di Giza – struttura in costruzione e la cui apertura è prevista nel 2022 – per annunciare il restauro di uno dei sarcofagi rinvenuti nella tomba di Tutankhamon. Si tratta, più precisamente, del sarcofago antropomorfo in legno e lamine d’oro che racchiudeva un secondo sarcofago del medesimo tipo. Quest’ultimo conteneva invece il sarcofago in oro massiccio, anch’esso con le fattezze del dodicesimo sovrano della XVIII dinastia, dentro al quale era adagiata la mummia con il viso coperto dalla celebre maschera in oro e lapislazzuli.

IL REPERTO OGGETTO di restauro, trasferito da Luxor al centro di conservazione del Gem – dove resterà per circa otto mesi – era originariamente collocato in un sarcofago di quarzite di oltre quattro tonnellate di peso, protetto da ulteriori quattro catafalchi in legno di cedro, con rivestimento in foglie d’oro, intarsi e incisioni. È questo l’avvincente incastro di scrigni che gli antichi egizi consideravano inviolabile e che l’archeologo inglese Howard Carter si trovò dinanzi nel 1922, nel varcare la soglia della camera funeraria in cui giacevano le spoglie del faraone bambino.

Le ricerche della tomba, poi denominata KV62, erano iniziate nel 1914, quando una coppa di faïence egiziana, dei frammenti in foglia d’oro e dei resti d’imbalsamazione relativi alla cerimonia funebre, che conservavano tutti il nome di Tutankhamon, riemersero tra le dune sabbiose della Valle dei Re. Il sodalizio formato da Carter – il quale nel 1892 aveva partecipato agli scavi di Amarna diretti da Flinders Petrie, per poi essere ingaggiato come fotografo ed epigrafista dell’Egypt Exploration Fund e infine assumere l’incarico di ispettore generale dei monumenti dell’Alto Egitto – e dall’entusiasta mecenate Lord Carnarvon giunto in Egitto nel 1903, procede incessantemente fino al 1918, data che segna l’interruzione dei lavori a causa della prima guerra mondiale. Il 5 novembre del 1922, poco dopo la ripresa delle esplorazioni nella Valle, Carter invia il seguente telegramma a Carnarvon, che malgrado lo scoraggiamento, aveva accettato di finanziare un’ultima campagna di scavi: «Abbiamo infine fatto una meravigliosa scoperta. Una splendida tomba sigillata ancora intatta».

L’IMPRESA DI CARTER, raccontata nell’emozionante diario che continua ad ammaliare studiosi di egittologia ed appassionati del mondo intero, permise non soltanto di mettere in luce uno straordinario corredo funerario composto da 5398 oggetti, pazientemente registrati e «impacchettati» dallo stesso scopritore e immortalati dall’obiettivo di Harry Burton, ma anche di ripristinare la memoria di Tutankhamon, asceso al trono nel 1336 (o 1335) a.C. all’età di otto (o nove) anni e morto prematuramente nel 1327 a.C. probabilmente in seguito al morbo malarico e a una frattura del femore, individuati dalla Tac e dagli esami genetici a cui la mummia del faraone è stata sottoposta nel 2005. Infatti, nonostante il re fanciullo ristabilì il culto di Amon, la suprema divinità tebana oscurata dall’eretico Akhenaton (padre di Tutankhamon, secondo le analisi del Dna), Horemheb – ultimo sovrano della XVIII dinastia – lo condannò alla damnatio memoriae ordinando la distruzione di monumenti e iscrizioni che ne celebravano le gesta.

La «Tutmania» è dunque un fenomeno moderno, che ha ampiamente superato il Novecento, come dimostra il successo dell’esposizione Toutânkhamon. Le trésor du pharaon, curata da Tarek El Awady, alla Grande Halle de La Villette a Parigi. La rassegna, che è stata prorogata al 22 settembre, consta di centocinquanta reperti, tutti rinvenuti nella tomba KV62, sessanta dei quali non avevano mai lasciato l’Egitto. Tra gli oggetti più emblematici vi sono alcuni elementi appartenenti alla mummia del faraone, come le mani incrostate d’oro che tengono il bastone e il flagello.

Gli organizzatori della mostra hanno inoltre tenuto ad esporre le due trombe militari in argento ritrovate nell’anticamera della tomba e che tornate ad emettere il loro suono roco in momenti nefasti per la storia dell’Egitto, hanno curiosamente contribuito ad alimentare la cosiddetta maledizione di Tutankhamon. La stessa, che dopo aver colpito Lord Carnarvon, morto – come altri stretti collaboratori di Carter – poco tempo dopo la scoperta della tomba, potrebbe abbattersi sull’acquirente della testa di Tutankhamon recentemente venduta da Christie’s per una somma superiore a cinque milioni di euro, contro il parere delle autorità egiziane che la ritengono illegalmente sottratta al paese e si appellano ora all’Interpol.