Il cambio della guardia al Nazareno cambierà molto, se non tutto, nel Pd ma anche nella coalizione nata fortunosamente nell’anno e mezzo di vita del Conte bis. All’esterno del partito, come all’interno, la bussola di Enrico Letta sarà la parola che ha già adoperato più volte negli ultimi giorni: «Aprire». Il nome conta poco: l’ispirazione, comunque la si chiami, è ulivista e oggi Letta probabilmente lo dirà molto chiaro. Il suo progetto è un’alleanza politica e non posticcia, non fatta per sfasciarsi alla prima occasione, e tuttavia il più ampia possibile: dal centro liberale alla sinistra oggi all’opposizione, cioè a Sinistra italiana. Naturalmente con all’interno il M5S inteso come interlocutore essenziale, parte integrante e necessaria della coalizione, ma non per questo privilegiato. Il cambiamento, rispetto all’impostazione di Zingaretti, ci sarà. Non nella direzione di marcia ma nell’impostazione.

In casa 5S, mentre aspettano che a giugno, una volta risolte le rogne che non devono inzaccherare la veste candida del nuovo leader, arrivi Conte, si preparano alla nuova era con un misto di preoccupazione. Avrebbero preferito che al timone restasse Zingaretti, il leader a cui si deve, secondo lo stesso stato maggiore pentastellato, la salvezza del Movimento, la sua «seconda chance». È stato lui, «tirando la volata a Conte», a rendere praticabile quella strada, a impedire il dissolvimento della creatura di Grillo. Con Letta il progetto di alleanza resterà, però non altrettanto «strutturale». In compenso temevano l’arrivo di Bonaccini, che consideravano la pietra tombale sull’alleanza con il Pd. Da questo punto di vista Letta li rassicura. Di certo è «molto antirenziano».

Sul fronte sinistro Si si frega le mani. Fratoianni ricorda di aver detto sin dal primo momento, dopo aver deciso di non sostenere il governo Draghi, che la scelta opposta a quella del resto della coalizione, inclusa l’altra componente di LeU, Art. 1, non andava intesa come rinuncia allo «spirito coalizionale». Al contrario, Fratoianni alla coalizione progressista intende restare attaccato il più possibile, per rappresentarne l’ala sinistra. L’opposizione gli garantisce visibilità e anche una crescita dei consensi registrata da un po’ tutti i sondaggi. Non ha alcuna intenzione di farsi rinchiudere del ghetto della sinistra «minoritaria» e di testimonianza. La disponibilità di Si a verificare la possibilità di intendersi con Letta, Conte e anche con un’area centrista, se prenderà corpo, è garantita e persino entusiasta.

Il resto di LeU ha un orizzonte più incerto. La collocazione all’interno del centrosinistra è certa ma in quale collocazione? Tra gli analisti il rientro di Bersani e Speranza nel Pd è dato per molto probabile, sia perché i rapporti anche personali tra il nuovo segretario e gli ex Pd «rottamati» nell’era Renzi, a partire proprio da Bersani, sono forti, sia perché la parola d’ordine «aprire» è vera a maggior ragione per quanto riguarda il partito. Letta sembra avere in mente un partito che vada «da Bersani a Tabacci» per poi farne il perno dell’alleanza «dalla sinistra ai liberali». La realtà è però che oggi il disegno ulivista non convince del tutto i dirigenti di LeU. «Oggi bisogna fare un passo avanti», dice uno dei principali leader della formazione, che però non sembra avere intenzione di presentarsi alle prossime elezioni da sola, dovendo oltretutto competere con un’altra formazione simile, quella di Fratoianni, che godrebbe di una maggiore visibilità grazie alla rendita di posizione garantita dall’opposizione solitaria. LeU, insomma, aspetta di vedere cosa significherà davvero la segreteria Letta, a partire dal discorso di oggi, prima di decidere cosa fare: se riaccorparsi con Si, rientrare nel Pd e non è detto che non esista anche la tentazione di un rapporto più stretto con il nuovo M5S ecologista di Grillo e Conte.

Ma la vera nota dolente è il centro. A differenza che ai tempi dell’Ulivo oggi un centro non c’è, e se ci fosse sarebbe probabilmente considerato off limits dai 5S e per quanto riguarda Renzi quasi certamente dallo stesso Pd. Il lavoro del nuovo segretario, tanto all’interno quanto all’esterno del partito, non sarà facile.