Benché l’animazione giapponese sia diventata quasi sinonimo, tanto in patria quanto nel resto del mondo, solo di un certo modo di intendere ed affrontare il genere, quello che di solito si chiama «anime», in realtà il termine porta con sé una varietà di declinazioni molto più ampia. Una di queste è il passo uno, più comunemente nota come stop motion, con cui si animano dei pupazzi o forme varie, come i lavori di Jan Švankmajer o L’isola dei cani di Wes Anderson, tanto per restare nella produzione recente.

In questa particolare storia dell’animazione uno dei nomi più importanti è senza dubbio il giapponese Kihachiro Kawamoto (1925-2010), artista che specialmente attraverso l’uso di pupazzi di stampo tradizionale, fin dagli anni sessanta dello scorso secolo è stato capace di realizzare dei veri e propri capolavori animati, portando in vita antiche storie e leggende giapponesi.
Le nuove generazioni stanno onorando a dovere l’eredità lasciata da Kawamoto ed uno degli artisti da seguire è senza dubbio Tomoyasu Murata, che quest’anno ha presentato al Festival internazionale del cortometraggio di Oberhausen A Branch of a Pine Is Tied Up, uno dei lavori più affascinanti, animazione e non usciti dal Sol Levante nell’ultimo anno.

Si tratta di un cortometraggio parte di una trilogia dedicata dal giovane artista giapponese alla tragedia del terremoto e dello tsunami dell’undici marzo 2011. Questi lavori animati sono stati presentati negli ultimi mesi in mini retrospettive in alcune città dell’arcipelago ed alcuni mesi fa è inoltre stato possibile vedere A Branch of a Pine Is Tied Up sul servizio streaming Mubi, in tutti i paesi in cui esso è disponibile.
Tutti i lavori di Murata hanno un tono che si rifà molto alle antiche leggende del folklore dell’arcipelago ed al periodo Jomon, ma allo stesso tempo sono cariche anche di un’atmosfera sognante e quasi allucinatoria.

Uno degli scopi che si prefigge l’artista giapponese è infatti quello di riportare alla luce, attraverso le sue storie e la plasticità delle sue creazioni, le antiche e sopite memorie di disastri naturali che nei secoli passati hanno costantemente afflitto il Giappone e di cui si sono perse le tracce. Un ricordare che può servire come monito per le future generazioni ma che nell’intento dell’artista è più visto come un atto di preghiera dei vivi nei confronti dei morti e capace di richiamare il loro spirito. Nei diciassette minuti che compongono A Branch of a Pine is Tied Up risuonano tutte queste tematiche: la storia delle due sorelle gemelle, dello tsunami che le separa e della palla di vetro con neve capace di evocare ricordi è uno dei lavori più toccanti che ci sia capitato di vedere in questo 2018.

Il cortometraggio è un poema sulla perdita della persona più cara ma anche un inno alla vita dove i piani temporali si sovrappongono e la brutalità della natura, lo tsunami che si porta tutto via, viene rappresentata con uno stile quasi espressionista. La materialità di queste ondate di argilla nera che tutto coprono e cancellano è, secondo lo stesso autore, una caratteristica unica della puppet animation e della stop motion, ed è un fattore fondamentale per la realizzazione di un lavoro che possa colpire e coinvolgere lo spettatore in quasi tutti i suoi sensi. Il cortometraggio è in questo senso quasi un rito sciamanico che scuote con la sua malinconia, i suoi colori, l’espressività delle forme dei suoi protagonisti e di un paesaggio quasi vivo, un rito capace di evocare i fantasmi dell’inconscio collettivo per metterli in comunicazione col presente.

matteo.boscarol@gmail.com