A Stefano Bonaccini è bastata una sola parola, «ragionevole», indirizzata a una proposta di Matteo Salvini, per scatenare un’onda di imbarazzo nel Pd. Il presidente emiliano, che giusto un anno fa si è guadagnato la riconferma in un corpo a corpo contro il capo leghista, ieri si è detto favorevole alla proposta di Salvini di riaprire i ristoranti la sera nelle zone con meno contagi.

«È ragionevole introdurre una maggiore flessibilità per alcune categorie, ad esempio i ristoranti la sera, nelle città dove le cose vanno meglio», la frase pronunciata su La7. Bonaccini ha aggiunto: «Adesso dobbiamo aiutare il Paese a ripartire il prima possibile. Verrà il tempo in cui la Lega e il Pd torneranno a dividersi».

PIÙ CHE UN ASSE col leghista, un tentativo di non lasciare alla destra la bandiera delle riaperture e del sostegno alle categorie più stremate da un anno di Covid. Ma anche una presa di distanza dalla linea rigorista di Speranza e Zingaretti. Che al Nazareno non viene apprezzata. «Caro Bonaccini, le proposte di Salvini non sono mai ragionevoli, sono sempre strumentali», insorge Marco Miccoli, della segreteria dem. «Più che a Salvini, mi affiderei ai tecnici e alla scienza».

Zingaretti rincara: «Anche io vorrei aprire, ma è rischioso fare false promesse, prima bisogna sconfiggere il virus». Con Bonaccini si schiera invece Dario Stefano, della minoranza ex renziana: «Cominciare a ragionare di aperture serali per la ristorazione non è una bestemmia».

Dall’intergruppo in Senato con M5S e Leu alle alleanze per le prossime amministrative, ormai non c’è tema su cui le due anime del Pd concordino. Ora anche la gestione della pandemia. Tutti segnali che dimostrano come l’area ex renziana stia cercando l’occasione per arrivare a un congresso anticipato.

ZINGARETTI NON CHIUDE all’ipotesi, ma rinvia la decisione all’assemblea nazionale (oltre 1000 delegati) che si terrà il 13 e 14 marzo. «Non c’è dubbio che va riaperto un dibattito sui temi e sulle scelte fondamentali», ha spiegato ieri a Radio Immagina. «Dovremo decidere la forma più trasparente e vera perché questo dibattito si faccia senza astio, ma senza ipocrisia. In modo schietto. Quello che è certo è che è cambiato tutto, è giusto che il Pd apra una discussione sulle cose concrete da fare. Le forme le decideremo insieme».

Poi ha aggiunto: «Molti lo dimenticano, ma il dibattito nel 2018 era su scioglimento sì o no. Abbiamo ricollocato il Pd come principale forza politica in Italia, alle ultime elezioni il Pd è stato il partito più votato. Ora possiamo fare questa discussione a testa alta».

Per la verità, Zingaretti non ha ancora deciso se accettare un congresso anticipato, visto che la scadenza naturale è il 2023. Molto dipenderà dalla discussione in assemblea: di certo vuole far uscire i critici allo scoperto, farla finita con il falso unanimismo corredato da continue prese di posizione critiche sui media. Se però le comunali saranno in autunno, difficile che le primarie si possano fare prima dell’inizio del 2022.

Dunque, se congresso sarà, «non sarà prima di un anno. Magari anticipato da una conferenza programmatica alla fine del 2021», spiegano fonti dem. Andrea Marcucci, capogruppo in Senato e tra i primi a chiedere le assise, apprezza «l’apertura sul congresso: decideremo insieme tempi e modi».

In Toscana lo scontro è già aperto. La segreteria regionale Simona Bonafè, ex renziana di ferro, ha escluso dalla nuova segreteria regionale il vice Valerio Fabiani, vicino a Zingaretti, con cui da giorni era in corso una polemica sulle alleanze con il M5S, sui rapporti con Italia Viva e, da ultimo, sulla candidatura di Giuseppe Conte alle suplettive di Siena per la Camera.

LO SCONTRO È DEFLAGRATO lunedì sera alla direzione. Bonafè ha proposto all’area Zingaretti (che in Toscana è minoranza) un altro nome come vice, ma la risposta è stata l’uscita di tutti gli zingarettiani dalla segreteria.

Una rottura che avrà conseguenze sulla maggioranza che sostiene il governatore Eugenio Giani, ma soprattutto sulle prossime alleanze locali. «Vogliono usare il Pd toscano per indebolire quello nazionale con sterili pretesti», la tesi dell’area Zingaretti. «Vogliono umiliare una segretaria che ha vinto il congresso regionale col 70%», la replica degli ex renziani. Fabiani prova a ricucire: «Spero ci sia un’iniziativa di Bonafè per ricomporre l’unità». Per ora volano gli stracci.