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Ristelhueber, sentieri interrotti in Cisgiordania

Ristelhueber, sentieri interrotti in Cisgiordania

Cristalli liquidi «WB» (2005), libro fotografico di Sophie Ristelhueber, pubblicato in occasione della sua mostra al Musée d’art moderne et contemporain di Ginevra

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 19 novembre 2023

Su una strada non asfaltata, circondata da un cumulo di pietre, sullo sfondo di un paesaggio brullo di mediterranea memoria e di un addensamento di costruzioni, si staglia una jeep. Sul tetto, quello che sulle prime sembra un sacco è in realtà una persona rannicchiata sul fianco destro, colta in un momento di riposo o di sfinimento. È la copertina in bianco e nero di WB (2005), libro fotografico di Sophie Ristelhueber pubblicato in occasione della sua mostra al Musée d’art moderne et contemporain di Ginevra. Le fotografie a piena pagina di questo libro di piccolo formato senza frontespizio non riportano alcuna didascalia; e nessun testo accompagna le immagini. Una celebre citazione dal De rerum natura (II, 1-5) di Lucrezio è riportata sulla quarta di copertina: «Bello, quando sul mare si scontrano i venti e la cupa vastità delle acque si turba, guardare da terra il naufragio lontano: non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina, ma la distanza da una simile sorte» (per inciso, è lo stesso passo da cui prende avvio la riflessione di Hans Blumenberg in Naufragio con spettatore). Tuttavia tale Schadenfreude – il piacere provocato dalla sfortuna altrui, come il tedesco riassume con una sola parola – è smorzata dalla riflessione seguente di Ristelhueber: «Senza dubbio, in quanto artista, anche io sono in guerra».

WB sta per West Bank, la «sponda occidentale» del fiume Giordano, in italiano Cisgiordania, che Ristelhueber visita tre volte nel 2003-’04. Il soggetto delle 54 fotografie è poco memorabile: le stradine di campagna disseminate nel paesaggio pastorale di questa terra, con gli olivi sulle colline e i tralicci dell’elettricità come unica traccia dell’insediamento umano. Se non fosse che queste strade non sono percorribili, sbarrate come sono da diversi ostacoli posti dall’esercito israeliano nell’ottica di una strategia di logoramento: tumuli di terra su cui la vegetazione, come sulle rovine, ha cominciato a crescere, ammassi di pietre da cui spunta un pneumatico, grandi massi squadrati e distanziati come dei dissuasori, filo spinato o un più originale intrico di guardrail, strisce d’asfalto divelte che creano fossati invalicabili o rendono il cammino un salto ostacoli. A volte le barricate non sono immediatamente riconoscibili perché costituite da materiali naturali estirpati dal paesaggio stesso, trovato nelle vicinanze delle strade, «come se il paesaggio si rivoltasse contro se stesso», appunta l’artista. Ecco il soggetto di WB: un catalogo personale di sentieri interrotti e impraticabili, restituiti con un punto di vista leggermente rialzato che facilita l’assimilazione degli sbarramenti al paesaggio. Una riflessione visiva sulla divisione interna di un territorio così frammentato che il suo nome si riduce a due consonanti, WB, difficili da assimilare a uno Stato.

Nessun check-point militare, nessuna immagine del muro di separazione israeliano allora appena costruito. Ristelhueber è lontana dalla sensibilità e dall’estetica del reportage di guerra, dall’ennesimo servizio sul Medio-Oriente, ma anche dalla tentazione di risolvere l’arte nella militanza. Come in altre sue serie fotografiche realizzate in zone di guerra (Beirut, Kuwait, i Balcani, l’Iraq), l’evento bellico è solo evocato, mostrato nelle pieghe della storia piuttosto che nella brutalità frontale dello scontro, della trincea, del soldato colpito a morte. Mostrato nel paesaggio che, nello sguardo dell’artista, mostra le ferite inferte dalla mano umana. A volte questi interventi sul territorio prendono la forma poco minacciosa ma non meno violenta di un sentiero di campagna ostruito nell’impellenza e nell’improvvisazione. Montarozzi della rabbia che oggi, con la guerra in corso, sono diventati un vulcano in piena eruzione.

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