Più del 60% dell’hotspot di Moria, a Lesbo, è diventato cenere. La tensione tra profughi e migranti di diverse nazionalità, secondo le prime ricostruzioni, è degenerata e molte persone hanno iniziato a dare alle fiamme gli oggetti personali e anche le tende allestite nel campo. L’incendio si è esteso anche ai campi di ulivi circostanti, prima che i pompieri, intervenuti in forze, potessero arginare le fiamme mentre un numero imprecisato di disperati del mare si è allontanato, correndo, dal campo.

Molti richiedenti asilo africani si sono diretti verso il paese di Moria, nella speranza di arrivare al capoluogo, Mitilene. Molti altri hanno scelto una via più diretta verso la città, ma sono stati comunque bloccati. La Grecia è stata lasciata in gran parte sola a gestire l’emergenza immigrazione, e nel campo di Moria è stato fatto arrivare un numero di migranti quasi doppio (più di 500 mila persone) rispetto a quello per cui era stato progettato. È facile capire che le condizioni di vita fossero tutt’altro che facili e la tensione, difficilmente controllabile.

Molto probabilmente, la miccia che ha portato la situazione a diventare incontrollabile, è stata anche la voce circolata lunedì mattina, che sarebbe stata imminente una espulsione di massa verso la Turchia. Da ieri mattina si cerca di ripulire l’area da quel che rimane delle vecchie tende e di sostituirle con delle nuove, per non costringere molte persone che hanno perso anche i propri effetti personali, a dormire all’addiaccio. Allo stesso tempo, il governo sta cercando di velocizzare le pratiche per l’esame delle richieste di asilo, mentre si dovrebbeo, a quanto sembra, intensificare anche i rimpatri. Ed il ministero greco della marina ha deciso di utilizzare una nave per la permanenza temporanea di circa mille profughi, i quali sinora si trovavano nel campo di Moria.

Se dovesse rendersi necessario, secondo la stampa greca, potrebbe venire utilizzata, sempre per lo stesso scopo, anche una seconda nave. Dal punto di vista sociale, la situazione, ora, è relativamente tranquilla, e tutti sperano che non ci siano episodi che portino a pericolose escalation. La presenza della polizia dovrebbe venire potenziata, e la cosa più difficile è riuscire a conciliare i diritti degli abitanti con quelli dei migranti, che già tanto hanno patito per arrivare sino a qui. Due giorni fa, tuttavia, un gruppo di abitanti dell’isola ha manifestato davanti alla sede del comune di Mitilene, chiedendo le dimissioni del sindaco, Spiros Galinos, giudicato non in grado di gestire la situazione.

E Alba Dorata, in tutto ciò, non rinuncia a far sentire la sua voce delirante: come ha rivelato l’agenzia stampa greca Amna, alcuni membri del partito neonazista greco, si sono scagliati contro un gruppo di donne, che assistono volontariamente i profughi a Lesbo. Una delle giovani donne aggredite è stata portata in ospedale per le cure necessarie, mentre i razzisti e xenofobi hanno preso di mira anche il sindaco Galinòs, limitandosi, però, a coprirlo di insulti. Lunedì sera, poi, hanno cercato di chiudere le strade intorno al campo, per costringere i profughi che si stavano allontanando a farvi ritorno, anche se il fuoco non era ancora stato spento. «Quello che è successo a Moria dimostra il fallimento della politica europea adottata per fronteggiare la crisi dei profughi», ha denunciato l’ong Medici del Mondo, la quale chiede, contemporaneamente, che si trovi al più presto il modo per far arrivare i profughi in Europa, in modo sicuro e legale.