Prove tecniche di rottura al senato. La posta in gioco, per ora, sono alcune presidenze fino a ieri vacanti. A sopresa, Pd e Sc forzano la mano e si prendono tutte le poltrone in gioco: a Federica Mogherini (Pd) alla guida della delegazione presso l’assemblea parlamentare nato, Sandro Gozi (Pd) a presiedere la delegazione presso la Ue, Balduzzi (Sc) alla presidenza della Commissione affari regionali.
Sullo sfondo c’è il braccio di ferro per la Commissione antimafia, che il Pdl reclama per sé e il Pd non intende mollare, avendo già idealmente collocato Rosi Bindi su quello scranno. Il Pdl, di conseguenza, aveva deciso di bloccare tutte le altre nomine, anche disertando le votazioni. Gli altri due partiti di maggioranza hanno deciso ieri di rompere il blocco, e lo hanno potuto fare grazie al M5S che ha garantito il numero legale per procedere alle nomine anche senza Pdl.
Apriti cielo. Il capogruppo pdl Schifani dà fuoco alle polveri pur tenendo sotto controllo i toni: la scorrettezza è vistosa e grave, nessuna ritorsione sul governo ma i presidenti eletti dovrebbero sanare la ferita.
Nella riunione del gruppo che Schifani convoca a stretto giro volano parole grosse e rimbalzano minacce ultimative. Ma a un pelo dalla sentenza più attesa non è il caso di lanciarsi in sfracelli esagerati. Schifani condisce il suo comunicato finale con tutte le dovute garanzie che il governo non colerà a picco: “Riconfermiamo, per evitare facili equivoci, il senso di responsabilità da parte nostra mai mancato”.
Ma se Schifani evita l’affondo i suoi senatori e quelli della Lega vanno giù piatti. E’ l’atto di nascita di una nuova maggioranza, trattasi quindi di faccenda ancor più grave di quanto già non appaia. I capigruppo di Sc Dallai e Susta, in una pausa delle convulsioni che accompagnano l’agonia del partito di Monti, provano a spegnere l’incendio: “Nessuna provocazione. Risolveremo tutto”. Ma la controparte non si rasserena e chiede l’intervento risolutivo di Letta e Alfano.
In un altro momento sarebbe un guaio facilmente resolubile. Dopo la condanna di Berlusconi diventerà un primo banco di prova per saggiare la tenuta della maggioranza e le possibilità di sopravvivenza del governo Letta.