Domani i palestinesi, attraverso la Giordania, presenteranno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu il testo della risoluzione che chiede il ritiro entro il 2017 di Israele dai territori di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, che ha occupato nel 1967, dove sarà proclamato lo Stato di Palestina. Si tratta di un testo diverso, emendato in otto punti, rispetto alla bozza di risoluzione circolata al Palazzo di Vetro la scorsa settimana. Alcune delle modifiche precisano in modo più netto che solo la parte orientale di Gerusalemme, occupata e annessa da Israele, sarà la capitale dello Stato al quale i palestinesi aspirano. La risoluzione ha ottenuto svariati sostegni e i palestinesi possono chiedere un voto di approvazione al Consiglio di Sicurezza. Sanno però che gli Usa sono pronti ad usare il loro potere di veto per bloccarla. Diplomatici e analisti ritengono assai improbabile che il testo arrivi fino in fondo al CdS. Erekat però assicura che la votazione si svolgerà entro la fine dell’anno.

 

Una secca bocciatura dell’iniziativa dell’Olp all’Onu è giunta da uno dei leader e fondatori del movimento islamico Hamas. Mahmud Zahar ha definito “catastrofico” e “senza futuro” il testo della risoluzione che, a suo dire, non garantirebbe le aspirazioni minime del popolo palestinese e negherebbe il diritto al ritorno dei profughi nella loro terra d’origine. Il giudizio di Zahar è anche un riflesso del riacutizzarsi della tensione tra Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, e Hamas a seguito dell’offensiva militare israeliana contro Gaza della scorsa estate e del sostanziale fallimento dell’accordo di riconciliazione firmato ad aprile dalle due formazioni politiche. I leader di Fatah ieri hanno comunicato che il 31 dicembre intendono festeggiare il 50 anniversario della fondazione del movimento nella Striscia di Gaza controllata da Hamas. Non è chiaro se con l’approvazione degli islamisti.