Gli occhi del mondo sul massacro di Iguala. Mercoledì scorso, in Messico e in diversi altri paesi si sono svolte manifestazioni per chiedere il ritorno dei 43 studenti, scomparsi il 26 settembre nella città di 140.000 abitanti nello stato del Guerrero. Crimini che costituiscono solo «la punta dell’iceberg in un paese in cui il 98% dei delitti resta impunito», sintetizza una risoluzione del Parlamento europeo (Pe), approvata ieri con 495 voti a favore, 86 contrari e 56 astensioni.

Gli eurodeputati di sinistra hanno manifestato la volontà di collaborare con la Comunità degli stati latinoamericani e caraibici (Celac), l’organismo che comprende tutti gli stati americani tranne Usa e Canada: per «combattere l’impunità generalizzata», «condizionare a questo i trattati della Ue col Messico», e chiedere alle autorità messicane di agire rapidamente e in modo trasparente e imparziale per individuare i responsabili. Il Pe ha anche denunciato l’«l’infiltrazione del crimine organizzato negli organismi di polizia e in quelli amministrativi».

L’indignazione per la scomparsa degli studenti si sta trasformando in una bomba a orologeria per il presidente Enrique Peña Nieto, la cui gestione, iniziata nel 2012, ha segnato il ritorno al potere del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri). L’intreccio perverso e antico di mafia e politica, alla luce delle politiche neoliberiste portate avanti dal suo governo, alimenta la crescente insopportabilità di una crisi di sistema e la necessità di soluzioni strutturali. Giovani, studenti, operai, contadini, indigeni, particolarmente colpiti dai progetti di privatizzazione decisi dal governo, si fanno interpreti di questo cambiamento: pagando un conto salato, come gli studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa Raul Isidro Burgos, considerati di sinistra radicale e per questo ferocemente repressi. Già il 12 dicembre del 2011, la polizia di Iguala aveva ucciso due di loro, che manifestavano contro i tagli alla scuola pubblica. Lo scorso 26 settembre, contro i «normalistas» (come vengono chiamati) si è scatenata la furia congiunta di polizia e narcotrafficanti dei Guerreros unidos. Il bilancio è stato di 6 ragazzi uccisi e 43 scomparsi.

Le confessioni di alcuni narcotrafficanti arrestati, le testimonianze degli abitanti e le telecamere di sicurezza hanno consentito di ricostruire i fatti: la polizia ha fermato un gruppo di studenti e e li ha consegnati ai Guerreros unidos, e questi li hanno uccisi e bruciati. I narcos pentiti hanno portato anche al ritrovamento di diverse fosse comuni contenenti resti carbonizzati. Il team di antropologi forensi nominati dalle famiglie dei ragazzi e proveniente dall’Argentina non ha concluso tutte le indagini, ma ha escluso che nelle prime fosse ritrovate vi fossero i corpi degli studenti.
Il Procuratore generale, Jesus Murillo Karam, ha comunicato i nomi dei presunti responsabili della scomparsa dei 43 studenti, tra questi il sindaco di Iguala, José Luis Abarca e la moglie Maria Pineda, sorella di un narcotrafficante.