Fra le band nate nei ’90, quella degli Scisma è stata una delle realtà più interessanti. Una band «seminale» si definirebbe ora. Non hanno mai sfondato nelle classifiche di vendita, ma il loro stile – se avete la pazienza di andare ad ascoltare i loro due album Armstrong e Rosemary Plexiglas – ha fatto poi capolino nel sound, negli arrangiamenti di molti gruppi di lì a venire. Bene, ora non avete alibi perché quei dischi vengono riistampati per la prima volta in formato vinile, in occasione della reunion della band che a tredici anni di distanza dall’ultima volta insieme hanno deciso di ripartire. Frutto di questo (re) incontro anche un ep di sei nuove tracce Mister Newman e qualche data live, la prima si è tenuta il 10 ottobre a Bologna, domani saranno alla Latteria Molloy di Brescia e il 24 si è aggiunto un concerto anche al Monk di Roma.

Il progetto vede intorno al nucleo originario formato da Paolo Benvegnù, Michela Manfroi, Sara Mazo, Giorgia Poli, Marco Togli affiancarsi il batterista Bepe Mondini (che ha sostituito Beppe Mondini), Diego De Marco e Giovanni Ferrario. L’idea della ripartenza, spiega Paolo Benvegnù: «È scattata perché in realtà non è che avessimo deciso di chiudere. Ci siam detti che valeva la pena di scegliere noi il finale, una sorta di director’s cut». Sì, perché in realtà gli «Scisma 2.0» non si pongono assilli di sorta su progetti futuri, piuttosto vivono serenamente il presente: «È un periodo in cui ognuno di noi porta semplicemente il meglio di se stesso». La molla è scattata dopo un concerto di Benvegnù – il suo bellissimo Earth Hotel è arrivato nella cinquina finale del Tenco – proprio a Brescia: «Ci siamo visti, è bastato un sorriso e un paio di intuizioni per ripartire». Pochi concerti: «Ci siamo detti, vediamo cosa succede se ci troviamo un’altra volta nella stanza e proviamo a fare due o tre date per ringraziare le persone che ci sono state vicine nei quindici anni in cui siamo stati Scisma».

Gli esordi della band bresciana sono alquanto curiosi, perché hanno coinvolto non solo musicisti, ma anche attori e artisti visuali: «In una provincia come quella bresciana – bellissima e asburgica come può essere quella che si affaccia sul lago di Garda, in un cineforum ci si ritrovava letteralmente in dodici persone e di questi dodici constava proprio il gruppo all’inizio. Quindi ci si diceva, siamo degli interlocutori proviamo a fare qualcosa insieme. Nei novanta il mondo era quello che ti arrivava, non c’era internet. Io cantavo e mi producevo anche in performance insieme a degli attori. Performance caotiche e molto fisiche, azioni per far capire il senso di conflitto dell’umanità. Il problema è che spesso ci si picchiava per davvero… Ovviamente questa fase è durata poco, e abbiamo preferito privilegiare la parte musicale».

La scena rock italiana è molto mutata da allora, all’epoca Armstrong venne pubblicato addirittura da una major, la Emi: «Ora c’è molta più creatività di allora, tante band con belle idee. Il problema è che non è cresciuto il mondo che gira intorno alla musica, i manager poi sono sempre gli stessi. E diciamocela tutta, se hai 25 anni ti sbatti per trovare delle date se ne hai 50 e conosci l’ambiente, non hai più grande voglia di fare». Accanto alle ristampe, gli Scisma propongono anche sei brani nuovi… «Sono canzoni nate velocemente, ci siamo scambiati i file (in questo la rete è fondamentale) e abbiamo cominciato a lavorare sulle melodie. Poi ci siamo chiusi in studio e in sette, otto giorni abbiamo chiuso tutto».

Gli Scisma si ripropongono ma senza l’assillo di obiettivi precisi: «C’è molta rilassatezza, prima avevamo la frenesia di proiettarci troppo nel futuro. Per utilizzare un esempio bellico, avevamo degli obiettivi e li conquistavamo. E quando vai per avamposti cosa succede, lasci scoperto buona parte del territorio… All’epoca calcolavamo ogni gesto, ogni concerto. Ora non c’è nostalgia del passato, non c’è proiezione sul futuro. Cerchiamo di concentrarci sul presente e siamo più tranquilli…».