Le elezioni della primavera prossima bloccano anche la vendita di Alitalia. Una vendita resa politicamente complicata anche a causa di un bando di gara, approvato dal Mise di Carlo Calenda, che offre la possibilità di acquistare il solo settore “aviation”, esternalizzando l’ “handling” (carico e scarico merci, assistenza a terra). Mentre un’altra voce autorevole dell’esecutivo Gentiloni, quella del ministro Delrio, ha in parallelo preso l’impegno nelle commissioni industria e trasporti di conservare l’integrità della compagnia aerea. Per ora comunque il decreto fiscale ha spostato dal 2 novembre al 30 aprile 2018 il termine per concludere l’eventuale fase di negoziazione e miglioramento delle offerte presentate, aumentando contestualmente da 600 a 900 milioni il prestito-ponte statale ad Alitalia.
Meglio rinviare, visto che per giunta le offerte arrivate alla (teorica) scadenza di ieri pomeriggio, dal colosso Lufthansa, dalla low-cost inglese EasyJet e da altri cinque soggetti interessati, sembrano fatte apposta per riaprire vecchie, e non ancora rimarginate, ferite. L’interesse del gruppo Lufthansa per una “nuova Alitalia” resta confinato “ad alcune parti” della compagnia. Nel comunicato ufficiale dei tedeschi si legge: “Lufthansa ha scelto di non presentare un’offerta per l’intera compagnia aerea, ma ha dichiarato interesse solo per il network globale e per il business dei voli point-to-point in Europa e in Italia”. In altre parole i voli diretti.
“I commissari responsabili – conclude il comunicato di Lufthansa – hanno accettato di mantenere la riservatezza in merito ai dettagli dell’offerta”. Dettagli rivelati da un’anticipazione del Corriere della Sera: offerta da 500 milioni per la flotta, i piloti, gli assistenti di volo e gli slot, con il dimezzamento del personale, attualmente di circa 11mila unità, e con una riduzione delle tratte di corto e medio raggio, giudicate poco redditizie. Del resto Lufthansa sta lavorando così anche in patria, vedi l’acquisizione di Air Berlin, low-cost semifallita, per 1,5 miliardi ma soltanto per 81 aerei su 140, e solo 3mila addetti su 8.500 complessivi. Quanto a EasyJet, l’offerta è “per alcuni asset”. Ma più in là non si va: “Considerata la natura del processo, il contenuto della proposta è soggetto a riservatezza. Al momento non c’è certezza sul fatto che si vada avanti con una transazione, quindi EasyJet fornirà un ulteriore aggiornamento a tempo debito, se e quando sarà ritenuto idoneo”.
Nel mentre arriva la convocazione dei sindacati, domani a mezzogiorno al ministero del lavoro, per l’avvio della nuova procedura di cigs decisa dai commissari straordinari Gubitosi Laghi e Paleari. All’incontro sono chiamati i confederali Filt Cgil, Uiltrasporti e Fit Cisl, poi l’Ugl, e le sigle dei piloti Anpac e Anpav. Non l’Usb, né la Cub. Nella lettera di procedura, l’azienda proroga la cassa di ulteriori sei mesi fino al 30 aprile 2018, coinvolgendo 1.230 dipendenti di terra e 570 di volo.
Tutto rinviato a dopo le elezioni dunque. Anche perché i tentativi di esternalizzare l’ “handling”, come sta cercando di fare la Toscana Aeroporti di Carrai (Renzi) e della famiglia Eurnekian, affidando la movimentazione dei bagagli alle cooperative, ha portato a settembre a uno sciopero riuscito al 95%, promosso da Usb ma rilanciato dai confederali, che hanno fiutato il clima incandescente nei due scali, in forte attivo, di Pisa e Firenze. La morale, pre-elettorale, arriva dal dem lettiano Francesco Boccia: “Se Lufthansa vede in Alitalia e nell’Italia un punto di riferimento per le strategie del trasporto aereo globale, sono i benvenuti. Se invece sono interessati solo agli slot e alle macchine, allora la risposta è ‘no, grazie’”.