A Viggiano, epicentro della Basilicata petrolifera, oltre 500 persone hanno assistito venerdì scorso in una sala gremita alla presentazione del primo studio epidemiologico compiuto in 20 anni di attività estrattive targate Eni.
La VIS – Valutazione di Impatto Sanitario sulle popolazioni di Viggiano e Grumento Nova, i due paesi maggiormente esposti ai fumi del Centro Olio Val D’Agri – Cova, ha analizzato i dati di mortalità e ricoveri nel periodo 2000-2014 ed ha emesso il suo verdetto: a causa dell’attività petrolifera, a Grumento e ancor più a Viggiano ci si ammala e si muore maggiormente che nel resto della valle e della regione.
Nello specifico, a Viggiano si osserva un eccesso di mortalità per tutte le cause e per malattie cardiocircolatorie per uomini e donne, come anche per tumore al polmone delle donne. Eccesso di mortalità per tutte le cause, pur non significativo statisticamente, si registra anche a Grumento, dove è invece in eccesso la mortalità per tumore allo stomaco in entrambi i sessi.

Ad un aumento dell’esposizione ai fumi del Cova, cresce insomma il rischio di ospedalizzazione e di morte. È quanto riportato nell’intervento introduttivo del coordinatore dell’equipe scientifica dellaVIS, il professor Fabrizio Bianchi del Ifc-Cnr, a capo del gruppo di lavoro composto da ricercatori provenienti anche da altri enti di ricerca: Isac e Ise del Cnr, l’Università di Bari, il dipartimento di epidemiologia della regione Lazio.

Fortemente voluta dalla cittadinanza e finanziata, in assenza di attenzione ed intenzione da parte della Regione Basilicata, dai due comuni interessati e dagli stessi enti conduttori, la VIS fornisce oggi la definitiva conferma a preoccupazioni che agitano i sonni dei cittadini della Valle da molti anni.

Nella primavera 2016 l’inchiesta della Procura di Potenza – ancora in corso – formulò contro il cane a sei zampe l’ipotesi di reato di disastro ambientale per la manomissione dei dati sugli sforamenti emissivi del Cova e per la falsificazione dei codici CER dei rifiuti speciali prodotti. Ancora, all’inizio dell’anno un grave incidente nell’impianto causò lo sversamento di 400 tonnellate di greggio in falda. L’incidente – prima negato poi ammesso da Eni, portò alla sospensione delle attività del Cova disposta dalla Regione per gli inadempimenti dell’impresa alle prescrizioni su messa in sicurezza e bonifica. A completare il quadro c’è infine la discutibile posizione assunta dall’Eni sulla VIS: pur integrandone la commissione da principio, subito dopo le indiscrezioni che ne hanno anticipato le conclusioni, l’Eni ha impegnato le proprie energie a metterne in dubbio il valore, contestandone i dati e convocando il 20 settembre una propria conferenza stampa finalizzata a smentire le risultanze scientifiche dello studio.

La centralità delle responsabilità dell’impresa e la connivenza di quelle politiche dovute all’intervento mai tempestivo delle istituzioni politiche e di controllo della Regione sono stati elementi più volte sottolineati durante l’assemblea negli interventi dei cittadini seguiti alle relazioni degli esperti. Gruppi locali e associazioni ambientaliste, riunite nell’Osservatorio Popolare Val D’Agri, indossando una maglia con la scritta «basta velENI», hanno formulato specifiche richieste rivolte alle istituzioni comunali e regionali affinché reagiscano alla evidenze della VIS nell’unica maniera degna: pianificando azioni di contenimento delle emissioni e di controllo affinché siano accertate le responsabilità e minimizzati i danni sulla salute degli abitanti.

Tra le richieste: la prosecuzione dei monitoraggi sanitari sulla popolazione della Valle, la revisione delle prescrizioni AIA, la regolamentazione sui limiti emissivi per le sostanze pericolose, tra cui i COV, composti organici volatili, e, soprattutto, l’ immediata bonifica del sito con la chiusura del Cova almeno fino a che non sarà garantito il minimo impatto ambientale e sanitario possibile con le tecnologie esistenti.
*Associazione A Sud