Con un certo sprezzo per il ridicolo ieri i garanti del Partito democratico si sono dati appuntamento a Roma per sentenziare sul caso di Rosario Crocetta, presidente della Regione siciliana, finito sotto processo davanti ai probiviri del partito per «bigamia»: ha una tessera del Pd ed è anche il fondatore del Megafono, movimento che ha esordito alle elezioni regionali dello scorso ottobre. I garanti dovranno pronunciarsi su un esposto presentato da alcuni esponenti siciliani del Pd, in testa l’ex senatore ennese Vladimiro Crisafulli che proprio lo stesso collegio aveva escluso dalle liste per via delle sue cattive abitudini: le cimici delle forze dell’ordine avevano intercettato una sua conversazione, penalmente irrilevante (sic!) con un mafioso, ora in galera, con il quale s’era dato appuntamento. Crisafulli non è più senatore, ma conserva la tessera del Pd, quella tessera che gli ha consentito di mandare sotto processo il governatore siciliano che tra qualche mese potrebbe partecipare – come dichiarato dallo stesso Crocetta – alle primarie per la segreteria nazionale del partito. Ieri, mentre a Roma i garanti si preparavano per la riunione, a Palermo Crocetta ha convocato i giornalisti per recitare loro la «lieta novella» quotidiana: uno scandalo, l’ennesimo, stavolta nella sanità. 160 dipendenti del 118 hanno ricevuto 9 milioni in stipendi standosene a casa per un mese. In una società, la Seus, che gestisce le ambulanze, a fronte di innumerevoli esuberi, sono stati pagati 53 mila ore di straordinario solo nei primi sei mesi del 2013. Di tutto questo il Pd non si è accorto. E gli era sfuggito che un proprio deputato nazionale – che è stato il primo segretario del partito in Sicilia all’indomani della fusione tra Margherita e Ds – il messinese Francantonio Genovese, avesse messo su, attraverso i suoi familiari, una serie di enti di formazione che divoravano soldi pubblici e gonfiano fatture. La procura ha aperto un’inchiesta e ha arrestato la moglie di Genovese, Chiara Schirò, che ieri davanti al gip si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Con la signora Genovese sono finiti agli arresti altri esponenti del Pd e anche la moglie dell’ex sindaco Pdl di Messina Giuseppe Buzzanca. A scoperchiare il malaffare è stata l’assessore alla Formazione della giunta Crocetta, Nelli Scilabra, che ha scompaginato un settore che costa alla Regione oltre mezzo miliardo l’anno e che con i suoi diecimila dipendenti è un bacino elettorale di tutto rispetto. Il cognato di Genovese, Franco Rinaldi, deputato regionale del Pd e, manco a dirlo, imprenditore della Formazione, era stato indicato dai democratici come assessore al ramo: la notizia è stata data da Crocetta durante un’infuocata direzione regionale del partito che si è svolta sabato scorso. Questa è la cornice che circonda il quadro di Crisafulli e compagni, consegnato ai garanti romani del partito. Crocetta si sarebbe aspettato almeno una telefonata da Guglielmo Epifani, «ma non si è fatto sentire» ha detto il governatore ieri, mentre snocciolava le impietose cifre della truffa del 118, «che costa più del 144». La grottesca situazione in cui si trova il partito siciliano viene da lontano ed è frutto di anni d’allenamento nel campo avversario, come quello dell’ex governatore di centrodestra Raffaele Lombardo (sotto processo a Catania per concorso esterno in associazione mafiosa), sostenuto proprio dai democratici, che hanno finito per adottare il sistema mentale degli avversari e aderito alle pratiche che in un tempo lontano erano dei loro antagonisti. «Se vogliono farmi fuori, lo facciano – ha detto Crocetta – senza bisogno di ricorrere ai garanti». Ma il Pd si muove in punta di diritto, e due giorni fa un ex parlamentare, Tonino Russo, ha spedito a tutte le redazioni la prova della «bigamia»di Crocetta: una mail inviata lo scorso febbraio da un esponente del Megafono, nella quale si parlava di una campagna di tesseramento. «Ecco – ha tuonato Russo – quello di Crocetta non è un movimento ma un vero partito», come lo è il Pd di Francantonio Genovese e di Vladimiro Crisafulli.