Diciotto giorni dopo la vittoria, oggi pomeriggio Vincenzo De Luca sarà ufficialmente proclamato presidente della Campania dall’ufficio elettorale della Corte d’appello di Napoli. La sospensione che dovrebbe colpirlo per la legge Severino, in quanto condannato in primo grado per abuso d’ufficio, «si può avviare solo dopo la proclamazione», ha sostenuto in parlamento il ministro dell’interno Alfano. Ma quanto dopo?

Il governo, per evitare la nomina di un commissario e consentire a De Luca di nominare la giunta con un vice che possa sostituirlo durante la sospensione (18 mesi), ha intenzione di aspettare tutto l’iter burocratico. In sostanza la condizione di condannato di De Luca, pur essendo nota, deve essere ufficialmente comunicata dal Tribunale al presidente del Consiglio, passando per il prefetto e il ministro dell’interno, e poi a ritroso dal palazzo Chigi al consiglio regionale della Campania. Ieri però tutti i partiti del centrodestra campano hanno notificato a Renzi e a De Luca una diffida a non nascondersi dietro il giro di carte, a compiere gli atti dovuti (la sospensione) e ad astenersi da quelli illeciti, immaginando che De Luca possa altrimenti essere accusato di “usurpazione di potere politico e di funzione pubblica”. Lo sospensione, sostengono, opera di diritto e dal momento in cui De Luca sarà proclamato. Cioè da oggi.
A sostegno di questa tesi, l’atto di diffida richiama i precedenti – l’ex presidente della regione Molise Iorio nel 2013 fu sospeso dal momento della proclamazione – e una sentenza della Corte costituzionale riguardante l’ex presidente siciliano Totò Cuffaro. Sentenza in verità riferita a un articolo delle misure antimafia, ripreso però nella stessa formulazione dalla legge Severino. «Il decreto del presidente del Consiglio assolve a una funzione di mero accertamento della sospensione che opera obbligatoriamente», ha stabilito la Consulta nel 2002. La tesi opposta, pro De Luca, parte dalla constatazione che senza la nomina di un vice non ci sarebbe alternativa allo scioglimento del consiglio regionale. Dunque il vincitore delle elezioni verrebbe condannato non alla sospensione ma a una decadenza di fatto. «Colpa sua, si è comportato come chi costruisce una casa su un terreno vincolato e poi dice “ormai non potete abbatterla”», dice l’avvocato che ha presentato la diffida, Salvatore Di Pardo, lo stesso che argomentò in senato per l’applicazione della legge Severino a Berlusconi.

Una mano a Renzi potrebbe però arrivare già domani, quando il tribunale ordinario di Napoli – al quale il sindaco si è rivolto dopo che la Cassazione ha tolto la competenza al Tar – deciderà sulla sospensione di De Magistris, anche lui condannato in primo grado (ma il suo reato nel frattempo è prescritto) e finito nella stretta della Severino. Se i giudici decidessero di dare ragione al sindaco di Napoli, identica sorte si potrebbe prefigurare per l’ex sindaco di Salerno. Il presidente del Consiglio potrebbe così giustificare il suo «aiutino» a De Luca. a. fab.