Con l’invito a comparire nei confronti dell’ad di Trenitalia, Vincenzo Soprano, i magistrati della procura di Roma che si occupano di sicurezza sul lavoro vanno avanti nell’indagine per capire quali siano gli effetti dell’adozione sui treni del macchinista unico. La questione è tornata di attualità dopo il disastro ferroviario di giugno a Santiago di Compostela, in cui sono morti 79 passeggeri. Le modalità della strage spagnola, provocata da una terribile negligenza del macchinista (unico) alla guida del treno, hanno colpito profondamente l’opinione pubblica. Il disastro è stato comunque solo la punta di un iceberg che anche in Italia è fatto di piccoli e grandi incidenti e guasti, con puntuali denunce arrivate ai pm di mezzo paese. Denunce convogliate alla procura di Roma, che da tempo ha assunto per competenza una indagine nata a Genova grazie al pm Pietro Pollidori.

Il mese scorso i due magistrati romani al lavoro sul caso hanno delegato alcune verifiche agli esperti della Asl A della capitale, per valutare le possibili conseguenze in termini di stress dall’essere costretti ad operare come “agente unico” alla guida. Con i possibili risvolti sul mantenimento dei livelli di sicurezza, e il rispetto delle normative. In parallelo i pm hanno ascoltato il dirigente di Trenitalia responsabile della sicurezza, la cui memoria difensiva è entrata agli atti dell’inchiesta insieme ai pareri dell’ufficio legale della società del gruppo Fs. In discussione ci sono la violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, e altri possibili profili di natura penale, legati ai potenziali rischi di chi si serve del trasporto su rotaia.

Negli scorsi anni la questione del macchinista unico – o “agente solo” – è stata alla base di altre indagini, condotte all’epoca dal procuratore generale toscano Beniamino Deidda. Nonostante le infuocate proteste del sindacato di base dei macchinisti Or.SA, pronto a raccogliere numerosi dossier sulle controindicazioni nel lasciare un solo macchinista alla guida del treno, nel 2009 era però arrivato un accordo firmato da Trenitalia e da Fit Cisl, Filt Cgil, Uilt, Ugl Trasporti e Fast. Una intesa che, fra le tante, introduceva la figura del macchinista unico sull’intera rete ferroviaria italiana.

Il provvedimento, grazie al quale fu dato il via libera a un migliaio di assunzioni, è sempre stato giustificato dal gruppo Fs e dal suo ad Mauro Moretti. In sostanza, veniva spiegato, l’Italia si adeguava agli altri paesi europei. In più si liberavano risorse da investire sui sistemi di sicurezza (dal controllo automatico della velocità alla ripetizione dei segnali in cabina), e cioè il Scmt e l’Ermts nelle tratte ad alta velocità. “In seguito agli ingenti investimenti in sicurezza – annunciava un trionfante Moretti – si supera il tabù del doppio agente di condotta, e con gradualità si introduce il macchinista solo”. Una linea tuttora perseguita da Fs. Nonostante le denunce che segnalano, al contrario, quanto sia potenzialmente pericolosa l’adozione del macchinista unico.