Ieri mattina il governatore di Zamfara ha annunciato il rilascio di 279 delle 317 ragazze rapite lo scorso venerdì dal dormitorio della scuola media di Jangebe. Le giovani studentesse, con un’età dai 10 anni in su e vestite con hijab celesti, sono state portate all’ufficio del governo statale a Gusau per una cerimonia ufficiale nella quale il governatore, Bello Matawalle, ha salutato il rilascio delle giovani e ha invitato «tutti i nigeriani a gioire».

Le condizioni per il rilascio degli studenti non sono state chiarite, il governatore ha solo precisato che la loro liberazione è «il frutto dell’accordo di pace con i gruppi armati nella regione, grazie alla mediazione e al dialogo tra le autorità regionali e i “banditi”».

Sempre domenica scorsa anche le 42 persone, tra cui 27 bambini, rapite dieci giorni fa da una scuola di Kagara, nella Nigeria centro-occidentale, sono state rilasciate. «Gli studenti, gli insegnanti e i loro parenti sono liberi» ha annunciato il governo.

Per entrambi i rapimenti le autorità hanno negato di aver pagato un riscatto, anche se, secondo il quotidiano nigeriano The Punch, «la doppia liberazione è legata al pagamento di un riscatto e all’amnistia di uno dei leader dei “banditi” che imperversano nella regione, Awwalun Daudawa», con il solo risultato che «tale pratica si diffonderà e si moltiplicherà in queste aree afflitte da estrema povertà e poco o per niente sicure».

Una realtà totalmente discordante con le affermazioni del presidente Muhammadu Buhari, che, accusato dalle opposizioni di «inerzia e incapacità» nel contrastare il fenomeno dei sequestri di massa nelle scuole, che si va diffondendo in diverse regioni del paese, afferma che «questa amministrazione non cederà al ricatto dei banditi che prendono di mira studenti innocenti nella speranza di ottenere grandi riscatti».

Il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, in una sessione straordinaria del Consiglio di sicurezza ha sollecitato il governo nigeriano a prendere provvedimenti efficaci «per la tutela dei civili e dei giovani nelle scuole» e ha sottolineato che «la scuola deve rimanere uno spazio sicuro dove imparare senza paura della violenza».

 

L’Onu ha condannato nelle stesse ore  l’attacco lanciato lunedì sera dallo Stato Islamico dell’Africa Occidentale (Iswap) nella città di Dikwa, nel nord-est della Nigeria, contro alcune agenzie umanitarie e un ospedale. Feriti almeno 25 operatori umanitari. Per Edward Kallon, coordinatore degli aiuti umanitari in Nigeria, questo «può compromettere il sostegno dato a quasi 100mila persone che hanno disperato bisogno di aiuti nell’area».

I “banditi”, come li chiamano le autorità, oltre ai rapimenti a copo di riscatto terrorizzano le popolazioni locali, saccheggiano villaggi e rubano bestiame, soprattutto nel nord-ovest e centro-ovest della Nigeria. Incerto è il numero di questi gruppi armati, ma stanno attirando sempre più giovani disoccupati in regioni che registrano un tasso di oltre l’80% di povertà estrema.

«Non possiamo sapere esattamente quanti siano – ha detto all’Afp Nnamdi Obasi, analista nigeriano dell’International Crisis Group (Icg) – si dividono, si raggruppano, formano alleanze al loro interno, nel solo stato di Zamfara sappiamo che esistono almeno 40 gruppi differenti con campi di addestramento dove vivono e si nascondono».

«Alcuni gruppi – prosegue Obasi – hanno centinaia di combattenti e in molti casi sono nati forti legami con i gruppi jihadisti nel nord-est del paese». Secondo un report di Icg, pubblicato nel maggio 2020, la violenza criminale ha ucciso più di 8.000 persone dal 2011 e ha costretto più di 200.000 persone a fuggire dalle proprie case.

L’altra preoccupazione di fronte a questa nuova tendenza, secondo Icg, è che questi rapimenti «contribuiscono ancora di più all’abbandono dei bambini, e in particolare delle ragazze, in questa regione che registra già il più basso tasso di scolarizzazione del mondo».