Un anno per trovare un accordo mondiale e combattere il riscaldamento climatico che minaccia la terra. Il quinto rapporto dell’International Panel on Climate Change (Ipcc) – organismo Onu che nel 2007 ha avuto il Nobel per la pace – mette in guardia i governi: bisogna agire in fretta e con decisione, per evitare “effetti severi e irreversibili” che minacciano le società umane e l’ecosistema. Nel 2050, bisognerà arrivare ad avere almeno l’80% di energie rinnovabili, entro il 2100 l’energia fossile dovrà essere eliminata. L’Ipcc è estremamente preoccupato, ma non assolutamente pessimista: siamo ancora in tempo per rimediare almeno in parte ai danni arrecati dal modo di produzione dominante, “abbiamo i mezzi per limitare il cambiamento climatico in corso”, ha precisato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon alla presentazione del rapporto Ipcc a Copenhagen, domenica. Non ci sono più scuse, dice il rapporto, dopo anni di polemiche sollevate dagli “scettici” del riscaldamento climatico, “l’ignoranza non puo’ più essere un pretesto”. Le conclusioni dell’Ipcc sono basate su 30mila ricerche, analizzate da 800 scienziati, commentate da un altro migliaio e riviste da altri duemila studiosi. La temperatura è aumentata globalmente di 0,85 gradi nella bassa atmosfera terrestre dalla fine del XIX secolo. Il livello degli oceani è salito di 19 centimetri. Per limitare al massimo a due gradi il riscaldamento climatico – è la soglia di “pericolo” stabilita nel 2009 e accettata a livello internazionale – le emissioni mondiali a effetto serra dovranno diminuire tra il 40 e il 70% entro il 2050 (rispetto al 2010), ma nei fatti sono in continuo aumento. Nel 2100, le emissioni di Co2 dovranno essere pari a zero, se non negative (con assorbimento di Co2).

I negoziati internazionali dovranno arrivare a un accordo, al summit di Parigi del dicembre 2015, firmato dai 195 paesi che aderiscono alla Convenzione sul clima. All’inizio del prossimo dicembre, c’è una riunione preparatoria a Lima. Ma sono 25 anni che l’Ipcc esiste e che lancia allarmi, senza effetto. Cosa potrà far cambiare rotta? In questo ultimo rapporto viene sottolineata con forza la questione economica. Finora, la rivoluzione energetica è stata frenata dal timore di influire negativamente sull’economia. Secondo gli esperti, mantenere il riscaldamento climatico entro i 2 gradi, “non colpirà significativamente la crescita” – una riduzione annuale a livello mondiale tra lo 0,04% e lo 0,14% – mentre perseverare con le emissioni ad effetto serra avrà conseguenze economiche catastrofiche, a cominciare per esempio dalla sicurezza alimentare. Inoltre “più aspettiamo (ad agire) più i costi saranno importanti”. Certo, gli sforzi da realizzare non saranno “senza cambiamenti nello stile di vita e nei comportamenti”: in altri termini, tutta l’umanità non puo’ avere come prospettiva di adeguare il proprio modello di vista su quello occidentale. Eppure, è quello che succede ora. La Cina è ormai il primo produttore mondiale di Co2 con il 29% delle emissioni totali, seguita dagli Usa, al 16% e dalla Ue, all’11%. L’accordo di Parigi dovrà essere internazionale, rilanciando cosi’ una cooperazione che sta soccombendo sotto i colpi delle guerre, della concorrenza economica, del primato degli interessi particolari. L’Ue si è proposta come “modello” mondiale. Ma L’Europa adesso frena. La scorsa settimana, i 28 hanno raggiunto un accordo al minimo comun denominatore sul clima, che ha cercato un punto di equilibrio precario tra interessi dei diversi stati, per ridurre la spaccatura tra i paesi di vecchia industrializzazione e l’est europeo, dove l’energia fossile ha un peso maggiore. Ma anche la Germania, che si presenta virtuosa per le rinnovabili, continua ad avere molte centrali a carbone, mentre la Francia vanta un “buon” bilancio Co2 solo grazie ai 58 reattori nucleari e la Gran Bretagna rifiuta ogni interferenza sull’efficienza energetica. “Il governo italiano sembra voler rimanere ancorato al passato – denuncia Greenpeace – il decreto sblocca Italia dà il via a trivelle nei mari per due gocce di petrolio. Una vera follia”. E la Turchia, con incredibile faccia tosta, propone Istambul – dove si sradicano alberi a un ritmo accelerato in nome della “modernità” – come “capitale verde” europea per il 2017.