Il Pentagono prova a smorzare le polemiche sul dispiegamento di marines in Yemen, finora sconosciuto negli Stati Uniti: si tratta di «un piccolo contingente» con un ruolo «di intermediario» con la coalizione anti-Houthi guidata dall’Arabia Saudita che resterà nel paese «per un periodo di tempo limitato». Quanto limitato? Il portavoce Cook dice che di date di scadenza non ce ne sono e nel caso si vada troppo oltre sarà interpellato il Congresso.

I marines sarebbero in Yemen da due settimane in veste di coordinatori delle operazioni contro al Qaeda nella Penisola Arabica, da tempo target della guerra a distanza Usa (droni contro miliziani) messa a dura prova dalla campagna militare saudita nel paese.

Intanto si riapre la speranza del negoziato: dopo la rottura di domenica ieri l’inviato Onu Ismail Ould Cheikh Ahmed ha annunciato la ripresa del dialogo tra ribelli Houthi e coalizione sunnita e la continuazione della tregua in corso da metà aprile. A suggellare il nuovo sforzo diplomatico è stato ieri l’accordo per un sostanzioso scambio di prigionieri: entro 20 giorni saranno liberati la metà dei prigionieri da entrambi i fronti. Non si sa bene quanti siano: il governo parla di migliaia, i ribelli di centinaia.