Riprende la sperimentazione inglese del vaccino sviluppato all’università di Oxford e prodotto dalla società farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca, con la collaborazione dell’italiana Irbm di Pomezia (Roma). I test erano stati sospesi solo quattro giorni fa, quando una delle volontarie che partecipava al trial aveva sviluppato sintomi neuromotori potenzialmente legati al vaccino. Un comitato indipendente inglese ha esaminato i dati a disposizione e, su suo suggerimento, l’Agenzia inglese di vigilanza sui farmaci e sui prodotti per la salute (Mhra) ha dato l’ok per far ripartire la sperimentazione. Negli altri paesi in cui si svolge il trial (Usa, Brasile, Russia e Sudafrica) i test rimangono per ora sospesi. Finora, secondo quanto afferma l’università di Oxford, i volontari che hanno ricevuto il vaccino sono circa 18 mila, a cui dovrebbero aggiungersi altri diecimila volontari a cui è stato somministrato un placebo.

L’azienda non aveva fornito dettagli sui sintomi osservati nella volontaria, ufficialmente per tutelare la sua privacy. Ma l’amministratore delegato Pascal Soriot, in un colloquio con gli investitori, aveva parlato di sintomi compatibili con una diagnosi di mielite trasversa, una malattia neurologica che danneggia le capacità motorie dell’organismo. Secondo Soriot, la volontaria avrebbe recuperato rapidamente e dovrebbe essere stata dimessa dall’ospedale già mercoledì.

Se il trial riprende, il comitato e l’Mhra hanno probabilmente valutato che non c’è un legame tra il vaccino e la sindrome sviluppata dalla volontaria. Interrogati, i portavoce di Oxford e AstraZeneca «non possono fornire ulteriori informazioni mediche». Ma la stessa società ha rivelato che già nel mese di luglio la sperimentazione del vaccino era stata sospesa dopo l’insorgenza di un caso di sclerosi multipla in un volontario. Il comitato di valutazione anche allora aveva escluso un rapporto con il vaccino e la sperimentazione era ripartita rapidamente.

Il vaccino torna dunque in pista nella competizione globale, che lo vede ancora tra i favoriti. Quello di AstraZeneca, infatti, è il vaccino sperimentale che finora ha ottenuto maggiore attenzione da parte dei governi. La società ha già stretto accordi con diversi governi per la fornitura di tre miliardi di dosi, più di ogni altra rivale. Tuttavia, le pressioni politiche potrebbero interferire nella gara. Il Centro di Controllo delle Malattie statunitense ritiene più probabile che negli Usa siano autorizzati prioritariamente i vaccini sperimentali sviluppati dalla Pfizer e dalla Moderna. Anche queste aziende, come AstraZeneca, hanno beneficiato dei finanziamenti dell’operazione Warp Speed (velocità della luce) con cui l’amministrazione Trump vorrebbe accelerare lo sviluppo di un vaccino in tempo utile per le elezioni presidenziali del 4 novembre.

Secondo i documenti forniti da AstraZeneca nella registrazione del trial clinico nelle banche dati internazionali, il vaccino inglese potrebbe non essere pronto per quell’epoca: la data prevista per la prima analisi dei dati è fissata al 2 dicembre, anche se non è escluso che le aziende richiedano autorizzazioni “di emergenza” sulla base di dati parziali prima del tempo previsto.

È quanto spera l’amministrazione Trump. Ma il rischio che la corsa al vaccino si politicizzi e scateni i movimenti No Vax ha spinto le stesse aziende a dissociarsi da Trump e a impegnarsi solennemente a chiedere l’autorizzazione di un eventuale vaccino solo «dopo averne dimostrato la sicurezza e l’efficacia con studi clinici di fase 3 condotti secondo i requisiti delle agenzie regolatorie».