Settantamila alunni altoatesini hanno inaugurato ieri il secondo anno della «Buona Scuola». Il governo ha impugnato la versione locale della riforma renziana. In Alto Adige, forti dei settant’anni dell’autonomia, hanno deciso di accompagnare i voti con un giudizio. Si finirà in tribunale. Il calendario prevede, come sempre, un inizio scaglionato in base all’autonomia regionale: il 12settembre sarà il turno degli studenti di Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise, Piemonte, Trento, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto. Il 14 si siederanno tra i banchi quelli della Basilicata, Calabria, Liguria, Sardegna e Sicilia. Il giorno dopo toccherà a quelli della Campania, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Puglia e Toscana. Dieci giorni sgranati come un rosario in cui sarà possibile fare un primo, necessariamente incompleto, bilancio della riforma che doveva curare la «supplentite», senza riuscirci; del prodigio che doveva far scomparire il precariato e invece l’ha trasformato; del «concorsone» che ha registrato bocciature record, molti ricorsi e ha perso 20 mila posti sui 63 mila previsti.

Iniziamo dal «concorsone», plastica manifestazione dell’approssimazione caotica che governa la scuola italiana. Mal concepito sin dall’inizio, la situazione è stata descritta da un dossier pubblicato da «Tutto scuola». Saranno poco più di 40mila gli insegnanti vincitori, già previsto un «buco» di 23mila unità. Per molte classi di concorso ci sarà un eccesso di candidati vincitori, soprattutto in Campania e Lazio. Questi insegnanti non potranno lavorare nelle regioni dove i posti sono vacanti, soprattutto al Nord. Inoltre, le procedure non sono ancora concluse, oltre 300 le graduatorie di merito finali che arriveranno dopo il 15 settembre. Senza contare un’altra possibilità: l’assunzione in molti casi avverrà l’anno prossimo. Per l’anno scolastico che sta per iniziare i docenti neoassunti dovranno accontentarsi di un’altra transizione.

Alla stima dei 20 mila supplenti, se ne è aggiunta un’altra: 90 mila. Dovranno colmare le falle dell’organico di fatto.Le statistiche parlano di una lieve diminuzione delle supplenze: 13 mila su 118 mila. Ad oggi in quasi tutte le province del Nord ci sono molti posti vacanti che resteranno tali anche dopo le assegnazioni provvisorie. A Sud, invece, i posti sono molti di meno e i supplenti saranno costretti a lavorare per le scuole private. Numeri che parlano di una realtà parallela e quasi mai raccontata, molto diversa dal dispositivo della «chiamata diretta» dei presidi per gli oltre 100 mila assunti. La «Buona scuola» ha esasperato le conseguenze dei tagli dispositi dalla «riforma» Gelmini e ha eletto il paradosso a legge. Va ricordato, inoltre, che 48 mila su 102 mila docenti neo-assunti sono stati destinati al «potenziamento». Dizione oscura che sta per «tappabuchi». Alcuni di loro hanno ottenuto una cattedra a tempo pieno, molti altri rischiano di finire a insegnare lì dove manca il titolare della cattedra.

E poi c’è il problema dei docenti esclusi dalle assunzioni dell’anno scorso. A questi docenti è stato negato il valore concorsuale della loro abilitazione. Fino al 2009 – anno in cui le Siss sono state abolite dalla Gelmini le abilitazioni lo avevano e molti degli assunti ne hanno potuto beneficiare. Per chi, invece, si è cimentato con l’insegnamento dopo, finendo in graduatoria e insegnando per anni da precario, è andata diversamente. A ritrovarsi in questa condizione sono in 45 mila. Venerdì 2 settembre il coordinamento nazionale «Gae» ha manifestato davanti al Ministero dell’Istruzione in viale Trastevere a Roma.Critica le deroghe e le proroghe per evitare le destinazioni dei loro colleghi che andranno ad occupare anche i posti che sarebbero assegnati a chi sta in graduatoria e ai vincitori del concorso.

Tra le velleità della «Buona Scuola», una «riforma» che burocratizza la vita dei docenti e ignora il rapporto con gli studenti, c’è il «bonus» premiale erogato dai «presidi manager» è finanziato con fondi irrisori e avrebbe l’ambizione di premiare il «merito», sostituendo nei fatti gli scatti di anzianità fermi da anni per una categoria tra le peggio pagate dei paesi Ocse. Per i docenti dell’associazione «Partigiani della scuola pubblica» il bonus da 500 euro premierà il 10% dei docenti, la loro capacità di organizzare il lavoro degli altri, o sui progetti, e non l’attività didattica, la ragione stessa della scuola.