Esiste un’altra Mosca ignota a Matteo Salvini, ormai da tempo di casa nella capitale russa. Basta uscire dal quadrato che cinge la Piazza Rossa per trovarla. Un reticolo di strade fatto di mercatini dell’usato, di autoproduzione di riviste, di ex magazzini in cui suonano le migliori band sulla piazza, dove si discute fino a sera tardi di concettualismo e teatro sperimentale. È qui proprio dietro la fermata della metrò Baumanskaja che sabato scorso si è tenuto l’evento Punk Rock Fem Fest, una giornata dedicata al punk al femminile. Il tutto patrocinato dalla Fondazione Rosa Luxemburg di Mosca filiale della ong internazionale fondata dalla Linke tedesca.
L’occasione è stata quella della presentazione della nuova zine Punk Rock Feminism, 62 pagine, tutte a colori, disegnata da Nastja Vepreva già autrice di alcune copertine di alcuni album dei Granzdanskaja Oborona di Egor Letov. «Una iniziativa che abbiamo fortemente voluto – spiega Tanja Volkova organizzatrice dell’iniziativa – per provare a mettere insieme e far interagire le tante ragazze che suonano punk in giro per il paese e che ritengono la tematica della liberazione della donna in qualche modo fondamentale per la loro musica». Con qualche finestra dedicata nella rivista alla scena internazionale come quella delle Dishrags, prima punk band canadese tutta al femminile nata a Vauncover nel 1977.
Una iniziativa quella di Punk Rock Feminism seguita a quella di Urban Feminism dedicata alle attività e alle ricerche delle femministe russe su arte e architettura, che sta avendo molto successo.
Dopo la presentazione della rivista, nel pomeriggio, c’è anche stato un momento di riflessione che ha messo a confronto punk rocker venute da diverse città del paese, sul senso di fare punk oggi in Russia parlando al contempo di liberazione della donna e di sessualità. «Sui treni, in giro quando sono in tour – racconta Anja – mi capita spesso di incontrare donne che fanno rock ma rifiutano di definirsi femministe. È un paradosso, sono donne che per suonare lasciano a casa uomini e figli e affrontano mille difficoltà ma che non si riconoscono nel femminismo». Si tratta di un tema caldo nel femminismo russo di oggi, dal periodo sovietico le donne in Russia sono impegnate in ogni tipo di professione e svolgono ruoli di supplenza sociale nei confronti di un sesso maschile sempre più fragile ma che continuano, al contempo, ad anelare di essere «fata del focolare sottomessa all’uomo» come ha sintetizzato un altro intervento.
Per questo forse il tema della separatezza non è all’ordine del giorno. «Il nostro gruppo – racconta per esempio Nadja Nirvanova dei Miss Brut è composto per quattro quinti da donne ma riconosciamo che l’impulso alla nascita del gruppo l’ha dato l’unico maschio della band. Questo non significa che egli debba essere il leader e i nostri rapporti non debbano restare sul piede di parità».
Ma con le Pussy Riot come la mettiamo? «Il fenomeno delle Pussy Riot – spiega Tanja – ha svolto un ruolo d’avanguardia anni fa, ma da tempo si è trasformato in avanguardismo tutto teso a farsi riconoscere dall’occidente. I temi del femminismo punk odierno sono molto più legati ai movimenti sociali in giro per il mondo». Come il movimento dello sciopero delle donne negli Usa a cui la zine dedica uno spazio.
In serata, infine, è arrivata la musica a raccontare ed esprimere rabbia e sogni di una nuova generazione di punk. Ad aprire le danze gli Opa di Mosca che producono un post-punk con venature che vanno dal pop-glamour fino alla psichedelia. Il trio composto da due donne un uomo propone spesso testi legati alla condizione della donna e alla misoginia.
A seguire i Devic’ja Famili Materi (Nome da nubile della madre) di San Pietroburgo, propongono soluzioni molto d”avanguardia e una ricerca sul rapporto tra sonorità e testi. Per l’occasione i Devic’ja hanno potuto contare anche su special guest al violoncello e al sassofono che hanno reso la loro performance ancora più piacevole e particolare.
A chiudere il concerto di Sonja Kamenova arrivata da Rostov sul Don per proporre un repertorio che spazia dal punk acustico al folk-punk.
Prima di lasciare il locale, quando ormai le libagioni stanno avendo ragione su tutto, scambiamo ancora due chiacchiere con le organizzatrici. «In Russia ci sono molti problemi a organizzare concerti, soprattutto nell’ambito underground. Non esistono come da voi in occidente i fenomeni squatter e i centri sociali, verrebbero subito sgomberati». Esiste invece il fenomeno sconosciuto che proviene dalle dissidenze sovietiche degli anni Sessanta e Settanta, dei concerti casalinghi. «Sì si fanno molti concerti casalinghi e anche il fenomeno delle comuni è molto esteso. Esistono comuni di tutti i tipi in giro per la Russia da quelle anarchiche fino a quelle vegetariane». racconta Tanja. Ed esiste ancora un ampio movimento hippie plurigenerazionale ormai, con la sua rete di autoproduzioni e socialità. Ma questa è una storia che vi racconteremo un’altra volta.