È stato di nuovo rinviato il processo a carico di Patrick Zaki, se ne riparla il 29 novembre prossimo. A darne conto ieri è stato lo stesso studente egiziano dell’università di Bologna, presente in aula a Mansura, sua città natale sul delta del Nilo: «Nella prossima udienza, il 29 novembre, ci sarà data la possibilità di presentare la nostra difesa», ha detto Zaki all’Ansa.

Anche stavolta l’udienza, la settima, è durata appena qualche secondo. Presenti i rappresentanti diplomatici di vari paesi europei, a partire dall’Italia. Zaki è accusato di diffusione di notizie false: nel file della procura alcuni articoli scritti dal giovane sulla situazione di marginalizzazione sociale ed economica dei copti egiziani. Un’accusa per cui rischia cinque anni e che è stata «ufficializzata» solo nel settembre 2021.

All’epoca Patrick era in prigione, detenuto dal febbraio del 2020 durante una visita ai genitori, lasciati per andare a studiare a Bologna. Quasi due anni di detenzione preventiva, conclusi a dicembre dello scorso anno dalla scarcerazione in attesa di processo (e dunque con il divieto di espatrio).

Dalla giornata di ieri però una novità è emersa, seppur ufficiosa. Secondo fonti giudiziarie egiziane, il caso di Patrick potrebbe risolversi con una «decisione politica che congeli completamente il processo». Ovvero la grazia dal presidente al-Sisi. Una possibilità che ora non trova conferme ma che è alimentata dalla serie di scarcerazioni di prigionieri politici che ha caratterizzato gli ultimi mesi egiziani.