La commedia politica dell’assurdo che si gioca al senato sulla Tav ha un finale grottesco: all’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari grillini convocata per la sera, coi parlamentari pronti a partire per le vacanze agostane, Luigi Di Maio non c’è. L’incontro salta a data da destinarsi, con la beffa che se mai il capo politico si fosse presentato, non avrebbe voluto discutere delle sorti del governo. Altre sarebbero state le priorità. La riunione avrebbe dovuto definire ulteriori passaggi del processo di riorganizzazione del Movimento 5 Stelle. L’ordine del giorno sembrava uno smaccato depistaggio a opera dei comunicatori del M5S, che provano un po’ disperatamente ad alleviare la tensione attorno alla tenuta della maggioranza, ad aspettare la mossa di Matteo Salvini e tentare di lanciare la stampella della legislatura oltre l’ostacolo delle ferie. Di Maio ormai da settimane gioca la stessa carta: tenere buoni gli eletti parlando dell’organizzazione del M5S e della distribuzione di cariche ad essa conseguente.

Nel pomeriggio, Alessandro Di Battista scrive un comunicato di fuoco su Lega e poteri forti, ma a supporto del capo politico arriva il post diffuso da Beppe Grillo, che segnala la rottura del garante coi No Tav tramite polemica con uno dei personaggi valsusini un tempo più vicini ai 5 Stelle come Alberto Perino. Grillo dice che il M5S non ha tradito la causa No Tav e che di più non poteva fare perché non ha la maggioranza in parlamento. Sposando la versione di Di Maio, che infatti lo rilancia su Facebook e cerca in tutti i modi di separare la grande opera dalla tenuta del governo. Il che però significa che per l’ennesima volta l’iniziativa politica viene lasciata in mano a Matteo Salvini. Di Maio parla di un nuovo patto del Nazareno e al tempo stesso dissimula ogni difficoltà. Ma il silenzio del capo e la blindatura delle comunicazioni è tipica dei momenti veramente critici. I senatori nel pomeriggio si sono riuniti per consegnargli un documento che chiede un cambio di rotta. Tutti sanno che il giocattolo gialloverde rischia di rompersi proprio mentre il voto del parlamento riproduce lo schema che sin dall’inizio ha fatto la fortuna dei 5 Stelle: «Un partito unico oltre le differenze di facciata vota a favore della Tav» è la versione di Di Maio per tenere insieme i gruppi e raccogliere il consenso dei più critici nel momento delle scelte.

Il nodo politico questa volta non sfugge neanche ai più ingenui, e sarà il tarlo dei grillini fino alla ripresa: per quale motivo il M5S dovrebbe stare al governo con una forza che di quel partito unico fa parte a pieno titolo e che addirittura approfitta di questa situazione per chiedere al presidente del consiglio Giuseppe Conte la rimozione del ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli? Tutto ciò, per di più, accade a due giorni dal voto di fiducia sul decreto sicurezza bis, che è costato qualche mal di pancia ad alcuni senatori. Se tutto finirà a «tarallucci e vino», e se il voto sulla Tav verrà archiviato come un semplice incidente di percorso, «ci saranno conseguenze evidentemente nefaste per il M5S», dice il parlamentare europeo Ignazio Corrao che pure ha seguito a Roma, e in prima persona, la gestazione di questa legislatura. Corrao si fa portavoce della tendenza europea dei grillini, quella che ha votato con la maggioranza degli eletti per l’attuale presidenza della commissione, in netto contrasto con la Lega e con il suo sistema di alleanze continentali. È l’ennesimo segnale spedito direttamente nella casella di posta di Di Maio. È lui a dover prendere una decisione e interrompere lo stillicidio. Solo che più passano i giorni, più diventa difficile salvare capra e cavoli, governo e leadership politica.