«Il problema sarà il dopo» e quando dice «dopo» un socialista doc, uno che di «dopo» ne ha vissuti molti, e tutti vedendoli prima con il dono dell’analisi raffinata cui segue la sentenza spietata (celebri i suoi «la politica è sangue e merda», il Psi del ‘91 «una corte di nani e ballerine»), si capisce che non sta parlando delle risse sulla fine del lockdown né degli stili di vita dei cittadini – anche se, concede, «ci sarà qualche modifica dei comportamenti sociali, come dopo le guerre. In Italia nel ‘46 si aprirono le balere. Nel ‘21 forse non si chiuderanno le discoteche». Ma per Rino Formica – classe ‘27, già ministro delle finanze nella Prima Repubblica – il cimento del «dopo» è cruciale perché «si è rotto l’ordine istituzionale, politico economico e sociale, sia nelle dimensioni nazionali e sovranazionali che in quelle globali».

IL RAGIONAMENTO PARTE da un esempio. «Quando si costruirono i primi grattacieli si fecero gli ascensori ma nessuno pensò di abolire le scale. Nessuno ovviamente le prendeva per arrivare al 50esimo piano, ma chi progettava le inseriva comunque. Per sicurezza, nel caso in cui gli ascensori si bloccassero». «Pensiamo alla nostra sanità: anche nei sistemi funzionanti non era prevista la riserva disponibile per il primo assorbimento di un’evenienza nuova. Infatti si è verificato un degrado curativo di tutte le altre malattie. Negli ospedali sono stati dedicati al virus reparti destinati ad altro, in un sistema in cui dovevi prenotarti mesi prima per avere un’analisi, un intervento. Non c’era una riserva per il rischio».

«COSÌ È ANDATA anche con la globalizzazione, un’innovazione politica che non ha trovato la preveggenza delle classi dirigenti. Non hanno valutato i rischi. L’errore è stato credere che dall’oggi al domani il mondo diventasse unito. Ma non poteva. La globalizzazione totale è una prospettiva più lontana persino del socialismo». Lo si è visto nella pandemia, frontiere chiuse, tutti nemici di tutti, geopotenze a rango di pirati per sottrarsi l’un l’altra le mascherine, una giungla globale. «Si è teorizzato che, nella lotta tra il mercato e lo statalismo, il crollo del comunismo avesse assegnato la vittoria al virtuoso mercato. Il quale, con la sua mano invisibile, avrebbe sistemato sempre tutto». «In fondo perdurava l’illusione delle due ideologie fondative del 900, il liberismo e il socialismo reale. Entrambe sostenevano che era possibile imporre con tempi accelerati – stakanovisticamente nel campo comunista e in maniera virtuosa nel campo liberale – un sistema di equilibrio automatico». Caduto il Muro «abbiamo eretto l’illusione che il comunismo potesse essere sostituito dall’avvento delle virtù della mano invisibile ma anche riequilibratrice del mercato. L’idea era che in caso di disgrazia sarebbe intervenuta la mano della Provvidenza. È il ‘provvidenzialismo del mercato’». Non è andata così. Nella pandemia il libero mercato globale non ha aiutato. Anzi.

«L’EQUILIBRIO NEL MONDO non è possibile se non attraverso le lotte, i conflitti», continua Formica, dunque «dobbiamo ricominciare da capo. Immaginare una globalizzazione per blocchi solidali. Forse più piccoli di un continente». L’Europa rischia di non uscirne unita? «È importante che l’Europa sia capace di coesione. Ma c’è l’eventualità che non sia tutta l’Europa, almeno in una prima fase. Per la riorganizzazione dei blocchi serve una base teorica, una prospettiva ragionata, possibile, a dimensione umana, in tempi non astrattamente futuribili. E c’è bisogno di una forza capace di assumere la guida del processo politico. Dovrà venire dall’interno degli stati che più hanno sofferto e pagato la lacerazione secolare».

QUI IL DISCORSO SCARTA in netta controtendenza rispetto alla vulgata di queste ore. «Nessuno ha la forza di dirlo, ma questa forza è la Germania. La Germania ha consumato al suo interno le due tragiche esperienze del 900: il nazismo e il comunismo di Stalin. Nessun altro paese ha avuto, in sequenza stretta, SS e Stasi. È un paese vaccinato dalle tragedie del 900. Deve essere la Germania a dimostrare che l’autoritarismo non è la soluzione per il riordino mondiale, in sintonia con le tradizioni culturali, politiche, sociali ed umane delle altre grandi storie europee».

DUNQUE SOSTIENE FORMICA che, comunque vada la trattativa fra i governi, in Europa «si apre la strada a un pensiero nuovo». Il ritorno allo stato? «Certo la sanità dimostra che solo il pubblico può investire sulla riserva di rischio, non è nella natura del privato». Ma il ritorno al pubblico «è un’idea semplicistica. Sento dire: rinazionalizziamo tutto. Ma cosa rinazionalizzi? Senza un chiarimento di fondo si brancola nel buio. Concetti come socialismo, comunitarismo, solidarismo, fratellanza, hanno come sottofondo una visione, una ideologia. E solo dopo un’applicazione pratica».

«SERVE UN PENSIERO NUOVO. E per cercarlo bisogna tornare alla Costituente. Il vero compromesso alla base della Costituzione fu quello fra due pensatori autonomi, uno del mondo cattolico e uno del mondo laico-socialista, La Pira e Lelio Basso, che si confrontarono nella Prima Sottocommissione. Fra loro vi fu un compromesso fondato su un’ideologia nuova. Che poi però fu imbrigliata dal pragmatismo politico-istituzionale, da Dossetti e Togliatti, le due chiese». Ecco, per Formica si può ripartire da lì. «Mi dicono che l’emergenza sarà economica, che primum vivere deinde filosofari. È vero il contrario: primum filosofari. Altrimenti non si saprà quali scelte fare per vivere».