«Risultati da Corea del Nord». Così Gianni Rinaldini, esponente dell’area sinistra della Cgil – e sostenitore di diversi emendamenti di minoranza – boccia i dati diffusi dalla Cgil, relativi al voto sui documenti congressuali e al referendum sul Testo unico. Rinaldini riprende anche una critica mossa qualche settimana fa dalla Fiom, sulla formazione della platea congressuale: le posizioni della maggioranza sarebbero «sovra-rappresentate», perché il dato sugli emendamenti è «scorretto» e addirittura «truffaldino».

«La platea dei delegati al Congresso – dice Rinaldini in una nota – non corrisponde al voto espresso dagli iscritti. Si è creata una selezione dei delegati che garantisce con circa il 90% le posizioni sostenute dall’attuale gruppo dirigente».

Secondo i dati diffusi dalla Cgil lo scorso 30 aprile, a fronte di circa 1,7 milioni di votanti (su quasi 6 milioni di iscritti), hanno detto sì al documento I (firmato da Susanna Camusso), il 97,6% degli iscritti. Quanto al Testo unico, su 447.614 votanti, ha detto sì il 95,5%. Diverso l’esito del referendum Fiom, dove su 237.220 votanti, ha vinto il no al Testo unico, per l’86,6%.

Rinaldini contesta il calcolo fatto per le platee congressuali, che si sarebbero dovute formare grazie a un equilibrato rapporto tra voto ai documenti e agli emendamenti: e che invece «una truffa pura e semplice ha fatto sì che venga assegnato dal 7% al 23% di consensi agli emendamenti».

«Questo e stato possibile – dice – stravolgendo il regolamento congressuale che prevedeva: 1) la votazione degli emendamenti con voto palese, e su questa base la definizione di un equilibrato rapporto nella composizione della lista dei delegati; 2) il voto segreto sui documenti alternativi, con una scheda che non prevedeva gli emendamenti, perché l’equilibrato rapporto dei delegati era già stato definito dal voto palese in assemblea».

«La Cgil ha inviato un riepilogo dei dati congressuali assolutamente falso perché costruisce il dato relativo al voto espresso sugli emendamenti, sull’insieme dei votanti, comprendendo in questo modo anche gli iscritti che si sono espressi successivamente alle assemblee con il voto segreto che non prevedeva il voto sugli emendamenti».

«Come dire – conclude – che circa 750 mila iscritti che hanno votato i documenti, solo a voto segreto e al di fuori delle assemblee, sono stati d’ufficio considerati voti contrari agli emendamenti. Ho appreso così che il sottoscritto, firmatario degli emendamenti, che per impegni personali non ho potuto partecipare all’assemblea congressuale, e ho quindi esercitato il giorno successivo, il voto segreto su una scheda che prevedeva soltanto i due documenti alternativi, di essere stato considerato tra coloro che hanno bocciato gli emendamenti».