Era la Potemkin del turismo con 178 anni di storia, ed è colata a picco irreversibilmente alle prime ore di ieri, lasciando 600mila persone – di cui 150mila britannici – bloccate in giro per il mondo e migliaia di altre che avevano prenotato – e pagato – «il viaggio dei sogni» con un pugno di mosche. Il fallimento del colosso Thomas Cook, tra i maggiori tour operator mondiali, è stato annunciato ieri dalla massima autorità dell’aviazione civile britannica, la Civil Aviation Authority (Caa), dopo che un ennesimo incontro di emergenza con i creditori ha negato una ricapitalizzazione.

IL COLLASSO lascia 21mila posti di lavoro a rischio in sedici paesi, di cui 9mila solo in Gran Bretagna. Mentre migliaia di clienti che dovevano partire ieri venivano invitati a non recarsi all’aeroporto, frettolosamente si è messa assieme un’elefantiaca (la maggiore in tempo di pace) operazione governativa di rimpatrio dal nome infelicemente militaresco, la Operation Matterhorn (massiccio alpestre vicino Zermatt, la Svizzera ha già protestato). 16mila vacanzieri sono rientrati ieri con voli charter forniti da varie compagnie aeree, tra cui Easyjet e Virgin, altri restano in trepidante attesa nelle varie strutture turistiche (creditrici di TC e quindi anch’esse a rischio) senza sapere esattamente quando e come torneranno a casa.

LE CRONACHE si sono riempite immediatamente di storie di sposalizi naufragati, risparmi volatilizzati, amarezza e risentimento, ma anche solidarietà di clienti con lo staff che ha continuato a lavorare fino all’ultimo sapendo di non essere pagato, com’è successo su un volo di ritorno dalla Florida dove i passeggeri hanno fatto una colletta per il personale di bordo dopo aver appreso del fallimento solo ad atterraggio avvenuto. I viaggiatori già bloccati nelle varie località turistiche si vedranno pagare le spese di albergo e voli dalla Caa grazie a un fondo di emergenza cui contribuiscono tutte le linee aeree e dal quale dipende la loro licenza.

Il crollo era nell’aria, dopo un ultimo fine settimana in bilico in mezzo a febbrili trattative con i creditori. Per la prima metà del 2019 l’azienda aveva riportato perdite di un miliardo e mezzo di sterline su un volume di affari di dieci miliardi. Il colpo finale è arrivato quando i creditori hanno richiesto la disponibilità di altri 200 milioni per convalidare un piano di salvataggio di 900 milioni di sterline. E all’alba di ieri, dopo una notte di colloqui fiume, il Ceo dell’azienda, Peter Fankhauser, ha diffuso la notizia via contrito messaggio di scuse.

LA PIÙ ANTICA AGENZIA di viaggi ancora in attività, Thomas Cook era enorme, ma di una grandezza pesante, troppo old economy. In tempi di Airbnb galoppante, l’azienda operava oltre un centinaio di aeroplani, molti dei quali affittati, circa 200 alberghi e strutture d’ospitalità e 550 negozi nel Regno Unito che perdevano denaro come dei colabrodo. A incrementare lo sprofondamento del titolo hanno contribuito la crescita del business online, l’industria del turismo in rapido cambiamento, l’aumento dei costi del carburante, gli attacchi terroristici a destinazioni predilette come la Tunisia e le ultime ondate di caldo in Europa e, guarda caso, l’incertezza Brexit: in molti hanno preferito aspettare che la questione trovasse un verso prima di investire i propri risparmi, soprattutto a soli due anni dal collasso della Monarch, che di TC era grande la metà.

SORGONO ORA POLEMICHE circa un possibile bailout del governo, dopo il rifiuto di stanziare un pacchetto di 250 milioni da parte del premier Johnson. La posizione ufficiale è che un’iniezione di capitale non avrebbe fatto altro che dilazionare un risultato già scritto, risultando inutile e incoraggiando la leggerezza di altri operatori. Dal canto suo, il Labour richiede la restituzione dei bonus da parte dei manager dell’azienda. Alcuni suoi deputati e sindacalisti hanno chiesto polemicamente come mai non si sia agito per salvarla, come nel caso delle banche un decennio fa.

Thomas Cook era stata fondata nel 1841 (in piena guerra dell’oppio) dall’omonimo falegname-missionario battista inizialmente a fini di sobrietà sociale (il cosiddetto Temperance movement, che predicava e incoraggiava l’astensione dall’alcool).