Da La7 Renzi attacca forsennatamente i 5 stelle per la vicenda Rimborsopoli: «Questa cosa che M5s restituisce 25 milioni viene ripetuta senza ricordare che per una legge fatta dal Pd, ogni anno prendevamo 38 milioni e ora non ne prendiamo alcuno. Io premier prendevo la metà di Di Maio. Da un anno e mezzo faccio politica senza indennità, rimborsi e senza pesare sulla comunità. Ma mica vengo qui a farmi bello». La matassa in cui sono piombati Di Maio e compagni non accenna a sbrogliarsi. Ieri il leader pentastellato aveva annunciato l’elenco completo dei deputati in regola con i bonifici al fondo per le piccole imprese e di quelli no. Dopo una serie di tira e molla, l’elenco arriva. Ma non fa l’effetto della chiusura di un caso.

IL LEADER PD cerca di approfittare della defaillance degli avversari. I suoi collaboratori fanno circolare la notizia di ultimissimi sondaggi che indicherebbero un calo di consensi dei grillini. Ma questi sondaggi nessuno riesce a vederli. E l’aria che tira invece sembra molto diversa per il Pd: «Rimborsopoli non sposta un solo voto a nostro favore», ammette un dirigente dem alla Camera.

CHE LE COSE NON VADANO bene lo dimostra anche un cambio di verso di Renzi: ieri ha annunciato di aver accettato il confronto tv con il leghista Salvini. Una prima assoluta, si svolgerà venerdì a Porta a Porta. Il leader Pd davanti all’assemblea di Concommercio racconta che gli avversari scappano dai suoi inviti («Io non credo di puzzare, ma nessuno vuole fare un confronto di persona con me», dice). Ma in campagna elettorale la disponibilità ai faccia a faccia è prerogativa di chi insegue, non di chi deve conservare il consenso. Ed è questa la condizione del leader del Pd. Che in serata da twitter lancia la sfida anche ai 5 stelle: «Caro Di Maio, hai chiesto un confronto tv tre mesi fa. Adesso accetti la sfida o revochi anche questa come fosse un bonifico qualsiasi?».

AL NAZARENO arrivano parecchi segnali di allarme. Per molti istituti di sondaggi il Pd resta inchiudato fra il 22 e il 23 per cento. Secondo quelli dell’istituto Sylla, a Bologna la sfida al senato fra l’alleato Casini e l’avversario Vasco Errani (Leu) finisce a favore del secondo: il 23 per cento dei bolognesi ’stima’ l’ex presidente della Regione, solo il 15,3 l’ex dc. Anche la candidata di Leu alla camera, Anna Falcone, calabrese, starebbe avanti a Andrea De Maria, bolognese doc e cuperliano. Insomma Bologna potrebbe essere la città del «sorpasso» di Bersani&Co sul Pd. Guardacaso sabato, al lancio della lista Insieme (verdi, ulivisti e socialisti) Giulio Santagata ha invitato Paolo Gentiloni e Romano Prodi. Non Matteo Renzi, considerato un impaccio. Dal Pd smentiscono: Renzi sarà a Bologna lunedì pomeriggio Borgo Panigale, «ed è ovvio che al lancio delle liste alleate venga invitato il presidente Gentiloni».

MA È DAVVERO TANTO OVVIO? Di fatto Paolo Gentiloni conduce una campagna elettorale da candidato premier. E che Renzi non sia destinato a palazzo Chigi ormai è senso comune nelo partito. A partire dai ministri. «Ho suggerito a Renzi di non andare al governo. Gentiloni deve continuare come governo di ordinaria amministrazione perché questa è l’intenzione del nostro presidente della Repubblica», rivela ieri Marco Minniti a Eugenio Scalfari su Repubblica.

E NONOSTANTE LE SMENTITE affidate al suo portavoce, allo stesso Renzi martedì è scappata una battuta rivelatrice. Rispondendo a una giornalista russa che gli chiedeva un’intervista in caso di ritorno a Palazzo Chigi: «Mi sembra più improbabile di un’intervista alla Tass», ha detto. Un classico lapsus, una verità sfuggita di bocca.

UNA VERITÀ CHE IRRITA e innervosisce il segretario e gli fa perdere colpi proprio in quello che un tempo era il suo maggiore asset, la comunicazione. In pochi giorni ha inanellato una serie di gaffe impensabili un tempo: il paragone fra Craxi e Di Maio che ha fatto saltare i nervi a molti socialisti (alleati); quello fra «scrocconi, truffatori e massoni» che ha scatenato le ire del Grande Oriente. Poi la battuta alla corrispondente della Tass. Svarioni, sgrammaticature, ingenuità un tempo impensabili, segno di un gran difficoltà. Se non di crisi nera.