Per i pubblici ministeri Laura Pedio e Antonio Pastore avrebbe sfruttato il suo ruolo istituzionale per favorire la Fondazione Maugeri in cambio di tangenti e regali. Una tesi che ieri la corte della decima sezione penale del Tribunale milanese ha fatto sua condannando l’ex governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni a sei anni per corruzione e altrettanti di interdizione dai pubblici uffici. I giudici hanno anche disposto la confisca di beni appartenenti al senatore Ncd per un valore di 6,6 milioni di euro. Riconosciuti colpevoli anche i due presunti collettori delle tangenti e coimputati di Formigoni nel processo, il faccendiere della sanità lombarda Pierangelo Daccò e l’ex assessore della regione Lombardia Antonio Simone, condannati rispettivamente a 9 anni e 2 mesi e 8 anni e 8 mesi. Caduta, invece, l’accusa più grave di associazione a delinquere. «Sono amareggiato, ma sereno», è stato il commento di Formigoni subito dopo la lettura della sentenza.

A più di quattro anni dal giorno in cui ha ricevuto un avviso di garanzia per il cao Maugeri-San Raffaele (era il 14 giugno del 2012) per il Celeste arriva la prima condanna in uno dei sette procedimenti che finora lo hanno coinvolto (cinque si sono conclusi con l’assosuzione). L’inchiesta della procura milanese riguarda presunti rimborsi indebiti per prestazioni sanitarie erogate dalla Fondazione Maugeri e stanziati dal Pirellone e dall’ospedale San Raffaele in cambio di viaggi e vacanze ai Caraibi pagati a Formigoni e al suo entourage. Secondo l’accusa tra il 1997 e 2011 la Maugeri avrebbe versato circa 61 milioni di euro in conti e società riconducibili e Daccò e Simone, mentre altri 9 milioni di euro sarebbero stati pagati a Daccò dal San Raffaele.

Un fiume di denaro enorme, una parte del quale – almeno 8 milioni di euro secondo l’accusa – sarebbe finita a Formigoni sotto forma di vacanze, uso di yacht, sconto sull’acquisto di una villa in Sardegna e finanziamenti alla campagna elettorale del 2010. Soldi e regali in cambio di «un continuo crescendo» di stanziamenti, secondo i pm, che hanno calcolato in 200 milioni di euro i rimborsi ottenuti, grazie a delebere di Giunta favorevoli, dalla fondazione pavese per rimborsi indebiti. Per dieci anni – aveva spiegato in aula la pm Pedio – «Formigoni non ha speso un euro dei suoi soldi» utilizzando il contante ottenuto da Daccò e Simone.

Accuse che Formigoni ha sempre respinto. Prima dichiarando di aver sempre restituito a Daccò i soldi spesi per le vacanze, salvo poi non trovare nessuna ricevuta che dimostrasse i rimborsi. Poi cambiando versione: «Io accettavo i suoi inviti per i viaggi – spiegò in aula nel luglio del 2015, rifiutandosi però di rispondere alle domande dei pm – e Daccò si faceva carico delle spese e non ha mai chiesto nulla, anzi io ho provato a pagare e forse una volta ci sono riuscito e poi cercavo di sdebitarmi con delle cene a casa mia o con visite in località turistiche».

Tra i beni sequestrati ieri a Formigoni ci sono tra cui la quota del 50% di proprietà di una villa in Sardegna il cui acquisto era stato uno dei punti al centro dell’inchiesta, isieme a quote di proprietà di altre sei abitazioni, da San Remo a Lecco, due box, quadri, un terreno, un ufficio, un negozio, tre auto e conti correnti. Per Daccò è stato disposto il sequestro di corca 34 milioni di euro, il più alto tra gli imputati, mentre a carico dei tre imputati è stata disposta una provvisionale di risarcimento di 3 milioni di euro a favore della regione Lombardia. Caute le reazioni della maggioranza in regione.

L’attuale governatore della Lombardia Roberto Maroni si è limitato a a un generico «non ho commenti da fare. Prendo atto di questa vicenda e punto». Solidarietà – ricordando come un imputato è innocente fino al terzo grado di giudizio – da parte di Area popolare. «Gli sono vicino i questo moemnto di amarezza, ma sono lieto che l’accusa più infamante, quella di associazione a delinquere, sia caduta», ha detto Maurizio Lupi. Per il M5S, invece, Formigoni deve dimettersi da presidente della commissione Agricoltura del Senato.
Carica, ha ricordato il deputato grillino Alessandro Di Battista, ottenuta «grazie ai voti del Pd».