Con Stefano Rodotà ha sbagliato comunicazione, evidentemente. Ma ha una giustificazione: i corsi di comunicazione per gli eletti del Movimento a Cinque stelle sono solo all’inizio. Certo è che Beppe Grillo – che ieri a Milano manuali alla mano ha impartito ad alcuni senatori la prima lezione su come partecipare ai dibattiti tv – a denti stretti, pressato dai malumori interni, ha dovuto abbozzare una mezza scusa per le parole che aveva riservato al candidato presidente della Repubblica del suo movimento.

Nessuna offesa al «professor Rodotà – ha spiegato ieri il comico – le parole “ottuagenario miracolato dalla Rete” le ha dette lui stesso in una telefonata con me. La sua onestà non è in dubbio e neppure la sua intelligenza».

Il punto però è un altro, e non a torto. Grillo infatti ha subìto la scelta di Rodotà come un boomerang “digitale”, e dopo la batosta elettorale capisce ora di non poter «assistere impassibile alla costruzione di un polo di sinistra» interno, che emancipando il movimento verso una presa di responsabilità più adulta potrebbe dare il benservito a un certo modus operandi destrorso.

Grillo però vede Rodotà «come punto di riferimento», «volente o nolente, informato o meno», di quel polo di sinistra «che ha come obiettivo la divisione del M5S». Un movimento, il suo, che «non è nato per diventare il Soccorso Rosso di Vendola e Civati, di Delrio o di Crocetta» e che Grillo vorrebbe equidistante e refrattario «alle sirene della sinistra e della destra», facce «della stessa medaglia».
In effetti, il refrain funziona sempre di questi tempi ma Grillo non vuole vedere che il nuovo giorno è già al tramonto (la sconfitta elettorale? «È un trucco mediatico», twitta). Perché, come ha tentato di spiegargli anche un grillino convinto come Paolo Flores D’Arcais in una lettera aperta inviata ieri a lui e a Casaleggio, la «delusione degli elettori» sta nella «inazione» dei pentastellati, «entrati in forze in Parlamento». Se di fronte «al governo Napolitano-Berlusconi», continua D’Arcais, il M5S «avesse risposto con un “governo ombra”» capeggiato da Rodotà, Grillo avrebbe tra le altre cose potuto anche «allargare crepe e divisioni dentro i partiti di centro-sinistra, Pd e Sel».

«Sono convinto che quello del “governo ombra” Rodotà sia ancora un agire politico che il M5S farebbe bene a realizzare al più presto», aggiunge D’Arcais che incita Grillo e Casaleggio a «scegliere tra autismo e azione», «con gesti concreti e non occasionali, con una strategia di cui sarebbe assurdo pretendere che non si debba discutere».

Per fortuna il «governo Napolitano-Berlusconi» ha fornito ieri a Grillo un’altra occasione d’oro per conquistare il popolo della rete: il ddl sul finanziamento ai partiti? «Una legge-truffa», è la battuta twittata. Nessuna abolizione, ma «una presa in giro per i cittadini che continueranno a pagare per far campare i partiti». Tutto qui. Ma il post è corredato dalla foto di Letta e Alfano che si stringono la mano. E il fuoco del web si riaccende di nuovo.