A leggere gli ultimi sondaggi prima del silenzio elettorale, anche questa volta il M5S è passato indenne dalla buriana mediatica. I rimborsi non versati da deputati di primo piano e i candidati iscritti alla massoneria seminano qui e là candidati già fuori dal futuro gruppo parlamentare. Ancora ieri dai vertici grillini circolavano fantasiose ipotesi circa dimissioni o rinunce preliminari che ad ora paiono poco praticabili.

Gli espulsi compariranno in lista, normalmente eleggibili, in molti collegi praticamente blindati. Ma quando, al mattino, Di Maio e i suoi scoprono che tutti gli istituti collocano il M5S in cima alla classifica dei partiti, capiscono che la seconda parte della campagna elettorale (dopo il giro d’Italia delle settimane scorse) può davvero cominciare.

I numeri confermano che il M5S difficilmente avrà da solo i numeri per governare. E allora si riprende dalla ricerca di convergenze per il governo di scopo: non è un caso che la prima proposta programmatica riguardi proprio il dimezzamento degli stipendi.

Anche se nel M5S il dibattito è in corso: c’è chi vorrebbe stabilire che venga restituita ogni mese una quota mensile fissa forfettaria, per evitare i complicati calcoli di questi primi cinque anni e aggirare l’imbarazzante questione delle spese rimborsabili da rendere pubbliche, che hanno messo in evidenza costi e qualche eccesso anche tra i pentastellati.

In ogni caso dallo staff considerano chiusa la vicenda delle espulsioni: non ci saranno altri nomi. «Risultano alcune incongruenze, ma riguardano somme irrisorie, riconducibili a piccoli errori o a semplici arrotondamenti nelle somme da devolvere», spiegano.

In mezzo al guado è rimasta Giulia Sarti, deputata uscente ricandidata nel listino proporzionale dell’Emilia, con rielezione garantita. Ha spiegato che a tradire la sua fiducia sarebbe stato il suo ex fidanzato. Lui nega tutto dallo pseudonimo Facebook dietro al quale si cela. E svela un dettaglio che apre uno squarcio su un mondo di diffidenze, con tanto di telefonate registrate: «Io ho un brutto vizio: registrare tutto». Nell’attesa che, come si dice in questi casi, la giustizia ordinaria faccia il suo corso, probabilmente dovranno pronunciarsi i probiviri.

Ieri hanno parlato anche altri due parlamentari finiti nella black list delle mancate restituzioni. Il pugliese Maurizio Buccarella ha ammesso le sue responsabilità in una lettera aperta, affermando di aver compreso che fare il parlamentare a tempo pieno e lasciare una professione ha un costo che non aveva considerato.

Il piemontese Ivan Della Valle, invece, sottolinea le divergenze politiche col M5S degli ultimi tempi e si dice interessato alle mosse del parlamentare europeo David Borrelli, anch’egli in libera uscita dai 5 Stelle al termine del secondo mandato.

Dal Corriere di Romagna, infine, si ipotizza che nelle liste grilline ci sia un altro massone. Si tratterrebbe dell’avvocato ferrarese David Zanforlini, presidente dei Centri di azione giuridica di Legambiente, piazzato da Di Maio all’ostico collegio uninominale di Ravenna.

Da giorni circolano esposti anonimi sul passato di Zanforlini nella loggia Giordano Bruno di Ferrara: «L’avvocato avrebbe avuto un ruolo preminente di maestro venerabile nella propria loggia e di giudice circoscrizionale del Grande Oriente d’Italia dell’Emilia Romagna fino alla decisione di ‘andare in sonno’».

Sarebbe la stessa formula utilizzata dal candidato Catello Vitiello di Castellamare di Stabia. «Quando ho firmato per la candidatura mi è stato chiesto se ero nella massoneria e ho risposto di no», si difende Zanforlini. Che però si rifiuta di garantire sul passato: «Esiste una regola di riservatezza».