Oggi, Emmanuel Macron è alla Sorbona per un discorso sul futuro dell’Europa. Il presidente francese, che ha aspettato le elezioni tedesche per presentare il suo progetto di rilancio della Ue, rivedrà al ribasso le aspettative? Cresce il timore che la “finestra di possibilità” si stia già chiudendo, a due settimane dal discorso del presidente della Commissione sullo stato dell’Unione, dove Jean-Claude Juncker aveva assicurato che l’Europa “ha di nuovo il vento in poppa”. La sequenza positiva – sconfitta di Geert Wilders in Olanda e di Marine Le Pen in Francia – si è arenata con l’entrata al Bundestag di Afd e la crescita del voto anti-europeo in Germania. Macron afferma che con Angela Merkel “proseguiamo con determinazione la nostra cooperazione essenziale sull’Europa e sui nostri paesi”. Juncker ha reagito in modo molto neutro, ma il suo capo di gabinetto, Martin Selmayr in un tweet ha messo la bandiera della Giamaica e due bandiere Ue, indicando cosi’ che Bruxelles pensa per la Germania a un governo di coalizione Cdu, Fdp liberal-democratici e Verdi. Al Parlamento europeo, il verde Reinhard Bütikofer ha definito il voto per i Grünen un “antidoto” all’estrema destra dell’Afd, mentre il gruppo S&D parla di “nuova fase per l’Spd” all’opposizione, di “rinnovamento”, considerando che il “dibattito e il contrasto tra diverse idee e programmi tra destra e sinistra è la sola strada per battere l’estremismo”.

La strategia di Macron è quindi in grande difficoltà. Perde la sponda dell’Spd al governo e avrà a che fare con un’Angela Merkel più preoccupata degli equilibri interni che della politica europea. Molto dipenderà dal risultato delle trattative a Berlino per la coalizione e del peso che avranno i verdi europeisti. Intanto, c’è già la certezza che i tempi saranno molto lunghi, che non verranno sbloccati in tempi brevi tutti i dossier rimasti fermi a Bruxelles in attesa delle elezioni tedesche. I lib-dem del Fdp, un tempo europeisti, ultimamente si sono fortemente raffreddati: il leader del partito, Christian Lindner, aspira a succedere a Wolfgang Schäuble come ministro delle Finanze. I lib-dem sono chiaramente ostili a una riforma della zona euro, come vorrebbe Macron (auspicata anche dai Grünen): no a un ministro delle Finanze per la zona euro e tanto meno a un bilancio comune (anche Merkel è scettica su questo punto e Juncker non ha difeso l’idea nel discorso sullo stato dell’Unione). “60 miliardi di euro direttamente per la Francia e l’Italia? è inconcepibile” ha già tagliato corto Lindner (che del resto aveva persino difeso l’esclusione della Grecia dalla zona euro), rifiutando categoricamente l’idea di nuovi trasferimenti finanziari in Europa. Il nuovo governo tedesco dovrà comunque fare i conti con il peso dell’Afd, partito nato dal rifiuto dei programmi di aiuto a Grecia, Irlanda e Spagna.

Potrebbe invece ricevere un’accoglienza migliore il progetto di difesa comune, la “cooperazione strutturale permanente” prevista da Germania, Francia, Spagna e Italia (anche per rispondere al neo-isolazionismo Usa), con il corollario di un maggiore coordinamento tra industrie belliche. Anche la revisione di Schengen in senso restrittivo potrebbe venire favorita se l’equilibrio tra Verdi e Fdp sarà a vantaggio di questi ultimi: rendere più facile la “sospensione” per rimettere i controlli alle frontiere, più respingimenti ai confini esterni e maggiori facilità per i rimpatri degli immigrati considerati “illegali”.

Il risultato delle elezioni tedesche non è una buona notizia per l’Europa. Non solo perché ci saranno settimane o addirittura mesi (come nel 2013) di attesa per la nuova coalizione a Berlino, e tutto resterà fermo. Ma anche perché molte politiche rischiano di venire ri-nazionalizzate, a cominciare da quelle energetica (i Grünen dovranno lottare per la transizione energetica visto che l’Fdp rifiuta anche la chiusura delle centrali a carbone).