Quel giorno, ad Angri nel salernitano, il concerto era filato liscio per una quarantina di minuti. Poi era partita la contestazione: bottiglie e pietre lanciate sul palco da un gruppetto composto da qualche decina di persone, ben organizzate. Una spranga di ferro – raccontano le cronache – colpì alla mano il batterista. I 99 Posse smisero di suonare, deposero gli strumenti e scesero dal palco per affrontare gli vis-à-vis gli aggressori, un gruppo di estremisti di destra intrufolatisi tra i 4 mila fan presenti. Volarono dei ceffoni e la notizia finì sui giornali di tutt’Italia nonostante il fatto fosse accaduto lontano dai riflettori. Era il 21 settembre del 1997, la band partenopea era da almeno sette anni il punto di riferimento musicale di quell’area politica genericamente definita dei “centri sociali”. I loro testi ironicamente schierati, politicamente duri, scomodi, non impiegarono molto a farli diventare bersaglio di ragazzotti con le teste rasate e nostalgici del Duce.
La premessa è importante per comprendere come mai, con ogni probabilità, quello nei confronti di Luca “Zulu” Persico e di Riccardo, il fonico del gruppo, l’altra sera a Velletri, sia stato un agguato premeditato, il prodotto di una guerra a bassa intensità fatta di raid e pestaggi che negli ultimi anni hanno fatto registrare decine di feriti e qualche vittima. Come Renato Biagetti, accoltellato a morte alla fine di agosto di sette anni fa all’uscita da una festa reggae a Focene, sul litorale romano. O come Davide “Dax” Cesare, un militante del centro sociale milanese Orso colpito a morte, la notte tra il 16 e il 17 marzo 2003, davanti a un bar. A voler essere esaustivi, andrebbe ricordato anche l’attentato al quotidiano il manifesto, la mattina del 23 dicembre 2003, nel quale per puro caso rimase ferito solo l’autore: Andrea Insabato, estremista di destra.
Il giorno dopo il fattaccio, Zulu e compagni sono in auto diretti a Bologna, un po’ ammaccati ma battaglieri come al solito. Il rapper napoletano ha un taglio sulla fronte e un livido sotto un occhio. Non hanno voluto denunciare l’attacco subìto perché «non crediamo nella giustizia italiana che assolve gli assassini di Stefano Cucchi, e poi non saremmo in grado di riconoscere i nostri aggressori, era gente che non avevamo mai visto». Però sono disponibili a raccontare con dovizia di dettagli la loro versione dei fatti e fanno sapere che alcuni testimoni oculari, persone del luogo, avrebbero riconosciuto alcuni aggressori e sarebbero pronti a denunciarli: «Sono personaggi legati all’estrema destra locale». «Avevamo appena parcheggiato l’auto e ci stavamo dirigendo a piedi verso il locale dove avremmo dovuto suonare», spiegano. Erano le 22,30 circa e «c’erano una ventina di persone ferme poco lontano dal pub», il “Passo carrabile”. Persone del posto avrebbero riferito che erano lì già da un paio d’ore, probabilmente aspettavano l’arrivo del gruppo. «Non avevano il tipico look dell’estrema destra, tutt’altro: barbe e capelli lunghi, magliette colorate, a prima vista potevano sembrare degli “alternativi” di sinistra». Non erano neppure giovanissimi, non tutti, almeno. «Tra loro c’era gente adulta, quarantenni e anche oltre». Nel mirino, ancora una volta, Luca “Zulu” Persico, come ad Angri nel ’97, come in altre occasioni in cui amministrazioni comunali hanno vietato i concerti o sono finiti nel mirino dei partiti del centrodestra, o come quel pomeriggio del 10 aprile del 2002 quando il rapper fu aggredito, insieme all’editor Ermanno “Gomma” Guarnieri, nella centralissima piazza del Popolo, a Roma, mentre andavano a presentare il libro Cartoline zapatiste alla Feltrinelli di via del Babuino. «Dapprima è venuto verso di me uno che mi ha domandato: sei dei 99 Posse? Io ho risposto di sì e allora lui mi ha guardato male e mi ha minacciato: vai via da qui perché questa è zona nostra. Mi hanno insultato: comunista, ti ammazziamo di botte, cantale ora le tue canzoni», raccontò “Zulu” ai giornali.
L’altra sera, a Velletri, il copione è stato analogo. «Mi hanno chiesto: sei tu il cantante antifascista?» e hanno tirato fuori cinghie e tirapugni. «Sono saltati quasi tutti addosso a lui, mentre un gruppetto bloccava me», spiega Riccardo. Per fortuna i due erano a un passo dal locale, dall’interno hanno aperto le porte e gli aggressori sono fuggiti, evidentemente per non farsi riconoscere. Il concerto naturalmente non si è svolto, e la band ha affidato il commento ufficiale a un post su Facebook in cui si denuncia il clima pesante che si respira non solo in Italia: «È un fatto grave che si inserisce in una sempre più preoccupante recrudescenza dell’estremismo fascista in Europa e in Italia. Il 5 giugno a Parigi, nei pressi della centralissima Saint-Lazaire, è morto in seguito alle percosse ricevute da tre naziskin Clément Méric, studente della facoltà di Scienze Politiche di appena 18 anni. Nella notte dello stesso 5 giugno una molotov è stata lanciata contro il portone del centro sociale Astra 19 nel cuore del Tufello a Roma, al piano terra di una casa popolare abitata da decine di persone».