A cavallo tra due ecoregioni prioritarie a livello globale, le Alpi e il Mar Mediterraneo, il nostro Paese ha una delle nature più ricche d’Europa. La posizione geografica, i notevoli dislivelli altitudinali (dalle fosse marine alle montagne di oltre 4.000 metri) e le differenze latitudinali (dalle rigide temperature alpine al caldo arido delle aree più meridionali) hanno dato vita ad una notevole quantità di ambienti e contesti climatici differenti.

L’Italia è così il Paese europeo che in assoluto ospita il più alto numero di specie, circa la metà di quelle vegetali e circa un terzo di quelle animali attualmente presenti nel vecchio continente.

Ma questa ricchezza si sta perdendo ad un ritmo preoccupante: il 52% delle 570 specie di fauna italiana protette e l’86% degli habitat tutelati dalla Direttiva Habitat mostrano uno stato di conservazione inadeguato o sfavorevole. Negli ultimi anni molti ambienti sono stati frammentati o degradati: alcuni sono stati fortemente ridotti come i boschi di pianura o le zone umide, il 64% delle quali è andato distrutto nell’ultimo secolo. Il 41% dei fiumi italiani monitorati non è in uno stato di conservazione adeguato e l’80% dei laghi italiani non presenta un buono stato ecologico: stanno così perdendo la loro capacità di fornire i tradizionali servizi ecosistemici, a partire dal contrasto al dissesto idrogeologico e al cambiamento climatico.

Ogni giorno in Italia perdiamo 16 ettari di territorio: piccoli e grandi habitat vengono trasformati da cemento e asfalto. Buona parte del nostro territorio è poi sfruttato in maniera intensiva. Tra le pressioni principali alla biodiversità del nostro Paese, troviamo l’agricoltura, lo sviluppo delle infrastrutture ad uso industriale, commerciale, residenziale e ricreativo, le specie aliene trasportate volontariamente o involontariamente dall’uomo in aree geografiche diverse da quelle in cui si sono originate con conseguenti squilibri ecologici.

La natura italiana appare oggi come un mosaico incompleto: abbiamo pochi anni per fermare la perdita di biodiversità e rigenerare il nostro capitale naturale a favore del benessere e della salute di tutti noi.

Con la campagna Rigeneriamo la Natura d’Italia (wwf.it/renature_italy) il Wwf ha lanciato un grande progetto articolato su quattro filoni: proteggere entro il 2030 il 30% di superficie terrestre e marina; contribuire alla connessione tra le aree protette esistenti e in via di creazione con la realizzazione di una vera e propria rete ecologica nazionale; restaurare gli habitat degradati ripristinando almeno il 15% del territorio italiano; rafforzare la presenza di alcune specie chiave per gli ecosistemi, strappandole al vortice dell’estinzione.

Un’utopia? Al contrario, un’esigenza non rinviabile! Gli investimenti che ci apprestiamo a fare con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza devono essere in parte indirizzati anche sulla biodiversità. La natura non è un optional, ma la vera base della nostra esistenza: l’ossigeno nell’aria che respiriamo, l’acqua potabile delle nostre sorgenti, il cibo che possiamo coltivare in suoli fertili grazie all’azione degli impollinatori, ma anche i principi medicinali o i più diffusi materiali tessili vengono dalla natura, nostro principale alleato anche per contenere i cambiamenti climatici e difenderci dagli eventi estremi.

L’unico modo per garantirci un futuro in equilibrio con la ricchezza di vita che ci ospita, è aumentare gli sforzi di conservazione della natura e al contempo ridurre gli impatti dei nostri stili di vita. Se non lo vogliamo fare per la natura, facciamolo almeno per noi stessi.