La Commissione europea vuole imporre delle “quote” obbligatorie agli stati membri per dividersi con maggiore solidarietà i rifugiati, per far fronte alla situazione di emergenza nei paesi di “prima linea”, in particolare in Italia: il sistema della relocation è proposto da Bruxelles nell’Agenda europea sull’immigrazione, approvata ieri dal collegio dei commissari, con qualche anticipo rispetto al previsto. La proposta, in applicazione dell’articolo 78 comma 3 del Trattato di Lisbona, riguarda solo 20mila persone in due anni, mentre l’Onu aveva chiesto all’Europa di assicurare un’accoglienza di almeno 20mila l’anno, comunque una sproporzione visto che gli arrivi sfiorano ormai i 200mila solo negli ultimi mesi e sono stati 300mila nel 2014.

Per salvarsi l’anima di fronte alla vergogna dei morti nel Mediterraneo, Bruxelles presenta un testo di “raccomandazione” agli stati membri, che dovrà pero’ ancora passare il vaglio del voto del Consiglio (a maggioranza qualificata) ed essere discussa all’Europarlamento. Le reticenze sono forti. La Commissione ha già stabilito due tabelle, una per la ripartizione delle relocation (ricollocamenti) e una per quella del resettlement (reinsediamento), sempre su base di quote per paese, questione di più lungo periodo che verrà precisata entro fine maggio. I criteri che guidano la redistribuzione sono quattro: il pil del paese (che pesa al 40% sulla decisione), la popolazione (40%), il tasso di disoccupazione (10%) e la presenza di richiedenti asilo già accolti si base volontaria (10%). Con questi criteri, la Germania dovrà accogliere il 18,4% dei rifugiati, la Francia il 14,1%, l’Italia l’11,8%, (e in seguito il 9,9% per i reinsediamenti, 1989 persone), la Spagna il 9,1%, la Svezia il 2,9%. Questo sistema di “quote” è studiato per correggere la situazione attuale, dove, ha spiegato il vice-presidente della Commissione, Frans Timmermans, “il 72% dell’asilo è concesso da 5 paesi” (Germania, Gran Bretagna, Francia, Svezia e Italia). Per Timmermans, si tratta di un sistema “oggettivo, equo, trasparente, basato su dati comprensibili ad ogni cittadino”.

Ma la Commissione ha fatto i conti senza l’oste. Intanto, tre paesi possono rifiutare di partecipare, la Gran Bretagna e l’Irlanda, che godono di un opt-in (opzione di adesione all’iniziativa) e la Danimarca (che ha un opt-out, un’opzione di ritiro preventivo). Ieri, Londra ha detto chiaramente tutto il male che pensa dell’idea delle quote di Jean-Claude Juncker: la ministra degli Interni, Theresa May, vuole piuttosto “un programma attivo di ritorni” e prende le distanze da Lady Pesc, Federica Mogherini, rifiutando l’idea che “non un singolo rifugiato o migrante intercettato in mare sarà respinto contro la sua volontà”. L’Ungheria, la Slovacchia e la Repubblica Ceca hanno detto “no” alle quote obbligatorie. Anche la Polonia è contraria all’obbligatorietà e propone “sforzi in funzione dei mezzi”, facendo valere che Varsavia già accoglie molti ucraini. Per la Polonia, che al massimo accetterebbe qualche rifugiato di religione cattolica, sono i paesi con un passato coloniale che devono farsi carico dei migranti. Timmermans ha comunque precisato che le “quote” riguarderanno sono “casi specifici” (come la Siria o l’Eritrea) e che “ogni stato potrà continuare a determinare se accorda o meno l’asilo”, anche nel caso di relocation d’emergenza. Siamo lontani dall’interpretazione di Federica Mogherini, secondo la quale “finalmente” è arrivata “una risposta europea, una risposta globale, che coglie tutti gli aspetti del problema”.

L’Agenda sull’immigrazione della Commissione avrebbe l’ambizione di rifondare la politica migratoria della Ue. Ma questo progetto di Juncker viene contestato da molti stati, che non vogliono intrecci tra asilo e immigrazione economica. La proposta di Bruxelles contiene non solo un incitamento a definire una politica di asilo comune (resettlement) e l’ipotesi per il 2016 di una revisione del regolamento di Dublino (che obbliga il paese di arrivo ad esaminare la domanda d’asilo), ma si concentra anche sulla lotta all’immigrazione clandestina, la guerra ai trafficanti e la securizzazione delle frontiere esterne. Nel 2013, secondo i dati Eurostat, su 425mila rifiuti del diritto di asilo, solo 167mila persone hanno lasciato il territorio europeo. Gli altri sono rimasti come clandestini. Prossimamente ci sarà un vertice a Malta, con i paesi di origine della migrazione e quelli di transito, per affrontare le cause della decisione di emigrare e la repressione dei traffici di esseri umani. Sul tavolo c’è anche un’ “opzione navale”, ha precisato Mogherini, che secondo il Guardian potrebbe anche passare per l’invio di forze di terra in Libia per distruggere i barconi.

L’opzione sarà discussa al vertice dei ministri degli esteri della Ue di lunedi’ 18 maggio.