La confusione continua in Europa. L’appuntamento di lunedi’ dei ministri degli Interni della Ue potrebbe non essere decisivo per trovare un accordo a 28 sulla redistribuzione dei rifugiati. Bisognerà probabilmente aspettare l’8 ottobre, cioè un altro mese e un altro Consiglio Interni per una definizione della ripartizione dei 120mila profughi (che si aggiungono ai 40mila di giugno) del piano Juncker. Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, si spazientisce: senza accordo, afferma, bisognerà convocare un vertice straordinario dei capi di stato e di governo, come già ipotizzato dalla Germania. La Ue è sotto pressione: l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati chiede a Italia e Grecia di creare “immediatamente” dei centri di accoglienza di grandezza sufficiente e a Bruxelles di “assicurarsi che tutti gli stati membri partecipino” alla ripartizione chiesta dal piano Juncker. E intanto gli arrivi continuano e sono destinati ad aumentare. L’Organizzazione mondiale per l’immigrazione ha rivelato ieri che 432.761 persone hanno attraversato il Mediterraneo quest’anno, il doppio che nel 2014 e 2748 sono annegati. Il direttore generale dell’Unicef per il Medioriente e l’Africa del nord, Peter Salama, afferma che “potrebbero esserci milioni di rifugiati siriani in Europa” nel prossimo futuro.

Ieri, si è riunito a Praga il gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica ceca, Polonia, Slovacchia), con la presenza del ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, che ha insistito sulla necessità di “mettersi d’accordo sulla ripartizione giusta di coloro che sono ancora in viaggio”, e ha affermato che almeno “40mila nel week-end” sono attesi in Germania, “una sfida storica”. Ma i paesi Visegrad hanno ribadito il “no” al piano Juncker delle quote. Per la Repubblica ceca, “dobbiamo mantenere il controllo nazionale su chi entra”. L’Ungheria ha inviato dei carcerati per accelerare la costruzione del muro al confine con la Serbia, dove sono dislocati ormai 3800 soldati. Il premier Viktor Orban afferma che dal 15 settembre tutti coloro che tenteranno un passaggio illegale saranno arrestati. Orban, che ha incontrato il capogruppo del Ppe Manfred Weber, accusa i rifugiati di “ribellione” e il ministro degli esteri, Peter Szijjarto (della Fidesz) si allarma su arrivi previsti quest’anno di 400-500mila persone (per il momento in Ungheria si sono registrati in 170mila). Orban ha chiesto alla Ue di “fare in fretta” e inviare delle forze “ai confini della Grecia per far applicare la legislazione europea”, che per il primo ministro ungherese è di bloccare le entrate alle frontiere esterne. Intanto, l’Austria ha chiuso l’autostrada con l’Ungheria e sospeso la linea ferroviaria dal confine ungherese verso Vienna. Budapest si è rivolta alla Ue per chiedere un aiuto della protezione civile, mentre dovrebbe ricevere dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati dei prefabbricati per alloggiare circa 300 famiglie. L’Onu ha stanziato anche un aiuto di emergenza per 95mila persone, devoluto a Ungheria, Serbia, Macedonia e Grecia. Budapest sta inoltre pensando di rifiutare la proposta di Bruxelles sul ricollocamento dei profughi entrati in Ungheria (con Italia e Grecia, il paese sarebbe sollevato dal piano Juncker), perché preferisce fare da sola e chiede una conferenza Ue-Balcani. No alle quote è stato ribadito ieri anche dalla Danimarca, che ricorrerà all’opt out di cui dispone (assieme a Gran Bretagna e Irlanda). Finlandia, Lituania e Spagna, invece, accettano le quote, ma per Helsinki (che deve accogliere 2400 persone) “in futuro dovranno essere solo volontarie”.

In Francia, governo e Ps hanno finalmente preso coraggio e difendono chiaramente l’accoglienza di 24mila profughi. La destra, invece, affonda nella confusione e nell’ignominia di alcuni (per il deputato ed ex ministro Patrick Devedjian “i tedeschi ci hanno preso i nostri ebrei e adesso ci mandano i loro arabi”, mentre Sarkozy si avvita nella richiesta di modificare Schengen e di stabilire uno statuto di “rifugiato di guerra”, meno favorevole dell’asilo, che già esiste). Malumori anche in Germania. Per la Csu bavarese l’accoglienza è “un grande errore” di Angela Merkel e presto “la situazione sarà fuori controllo”.