Offensiva di Jean-Claude Juncker a favore dell’accoglienza dei rifugiati nelle Ue e per la fine dello “scaricabarile” tra paesi. Nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione, di fronte all’Europarlamento a Strasburgo, il presidente della Commissione chiede che “già dalla prossima settimana”, cioè lunedi’ al Consiglio dei ministri degli Interni, vengano accettate le quote “obbligatorie” per la redistribuzione di 160mila profughi (120mila che si aggiungono ai 40mila di cui si era discusso nel giugno scorso, con un accordo allora raggiunto solo su base volontaria, che non ha funzionato). L’offensiva di Juncker mira a mettere i paesi reticenti, che sono numerosi e non solo nell’est europeo (la Danimarca invita a non venire con una pagina sui giornali libanesi, la Gran Bretagna si auto-esclude dal meccanismo di redistribuzione comunitario), con le spalle al muro: “in Europa è arrivato il momento della sincerità, è il momento di agire assieme”. Per Juncker “l’Ue non è in buone condizioni, manca l’Unione e manca anche l’Europa”. Al di là della “retorica, ci vuole azione”. All’est reticente dice: “ognuno deve fare la sua parte, non parliamo di numeri ma di esseri umani che vengono dalla Siria e dalla Libia e quello che stanno passando potrebbe accadere a chi oggi vive in Ucraina”. A chi fa dei distinguo sul diritto d’asilo, come la destra francese dove alcuni sindaci sarebbero disposti ad accettare profughi solo se “cristiani”, Juncker dice che “non si puo’ fare distinzioni di credo, etnia o di altro tipo”. Il presidente della Commissione afferma che il “meccanismo” di redistribuzione non sarà soltanto “vincolante”, ma anche “permanente”, come hanno proposto Angela Merkel e François Hollande: “ci permetterà di affrontare situazioni di crisi in modo più agevole nel futuro”, e di evitare che a ogni momento critico, che si ripresenterà, ricominci da capo il braccio di ferro a cui stiamo assistendo in questi giorni. “I numeri sono spaventosi”, prevede Juncker rispetto al futuro (creano profughi non solo le guerre, ma anche lo sregolamento climatico), “ma questo non è il momento per avere paura, è il momento dell’azione concertata e della solidarietà”. Un momento “in cui deve prevalere la dignità umana”. Juncker ammonisce, sempre rivolto soprattutto all’est: “tutti dobbiamo ricordare che l’Europa è un continente in cui siamo stati tutti, in qualche momento della storia, dei rifugiati”. E oggi l’Europa non deve essere “chi si volta dall’altra parte, chi appicca il fuoco ai campi”, ma il volto è quello dei “ragazzi di Kos che portano panini ai siriani, di chi ha applaudito il loro arrivo a Monaco”.

In pratica, la Commissione, che respinge ogni critica – “non accetto che si dica che la Commissione è stata inattiva, abbiamo fatto proposte a maggio” – chiede un meccanismo permanente, che possa venire attivato da Bruxelles quando si presenta un momento critico, quando un paese, da solo, non è in grado di far fronte a troppi arrivi simultanei. Sarà la Commissione in questo caso che valuterà come redistribuire, sulla base di criteri precisi: numero di abitanti, proporzione di richiedenti asilo già accolti negli ultimi sei mesi, pil, numero di disoccupati. Potranno essere prese in considerazione della clausole di esenzione: ma, in questo caso, ci vorranno giustificazioni precise per un periodo che non potrà eccedere i dodici mesi e, in compensazione, lo stato dovrà versare un contributo finanziario al Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione, pari allo 0,002% del pil. Se questo meccanismo non verrà approvato dai ministri degli Interni il 14 settembre, verrà convocato un Consiglio europeo straordinario, ha chiesto ieri la Germania.

La Commissione, per i 160mila attuali, ha già fatto i calcoli: Italia, Grecia e Ungheria sono escluse, perché la ripartizione è applicata proprio per sollevare questi paesi dall’emergenza del momento, la Germania accoglierà il 26,2% (31.443 persone), la Francia il 20% (24.031), la Spagna il 12,4% (14.931), gli altri seguiranno con cifre molto inferiori. Junker ha comunque ricordato che i rifugiati attuali, anche se rappresentano arrivi “senza precedenti”, rappresentano soltanto lo 0,11% della popolazione europea, che supera i 500 milioni.

Juncker ieri ha difeso Schengen: “non sarà questa Commissione ad abolire” la libera circolazione. Ma ha promesso che bisogna “rafforzare i confini esterni” e rendere Frontex “più efficiente”. Per far passare il meccanismo delle quote, Juncker propone, sull’onda della Germania, una lista di “paesi sicuri”, i cui cittadini non avranno accesso all’asilo con una procedura accelerata: si tratta di Albania, Bosnia, Macedonia, Montenegro, Serbia, ma anche Kosovo e Turchia, un’inclusione contestata da molte ong e alcuni paesi. Juncker ha anche accennato alla questione più generale dei migranti, senza pero’ insistere in questo momento delicato: in Europa “invecchiamo, abbiamo bisogno di nuovi talenti” ha detto, “i migranti sono una risorsa se ben gestita”. La Commissione annuncia che nel 2016 verranno presentate nuove norme per “l’immigrazione legale” (e verrà anche proposta la possibilità di lavorare per chi aspetta una risposta alla richiesta d’asilo). Per aiutare i paesi d’origine, la Ue stanzia in un trust 1,8 miliardi per l’Africa (Sahel e Nord Africa).

La svolta sui rifugiati che si annuncia in Europa comincia a smuovere anche altrove in occidente. L’Australia ha annunciato che accoglierà 12mila rifugiati in più e gli Usa fanno sapere che proporranno nuove misure per far fronte alla crisi.