Jaroslaw Kaczynski, il leader del partito di destra Giustizia e libertà (PiS), ha annunciato che la Polonia non è disposta ad accogliere nessun rifugiato. Prima di essere sconfitta alle elezioni politiche di ottobre scorso, l’ex-premier Ewa Kopacz della formazione di centro-destra Piattaforma civica (Po) aveva dato il proprio via libera all’accoglienza di 5000 rifugiati, oltre ai 2000 concordati da tempo con l’Unione Europea.

Kaczynski ha aggiunto che Varsavia si opporrà a qualsiasi legge che imponga ai Paesi membri dell’Ue di pagare multe per ogni rifugiato non accettato: «Dopo i recenti attacchi terroristici la Polonia non accetterà i rifugiati perché non esiste un meccanismo che possa garantire la sicurezza del paese. Dobbiamo rafforzare i confini europei e offrire la nostra assistenza a queste persone soltanto sul posto», ha ribadito il numero del PiS durante una conversazione in chat con gli utenti della televisione pubblica polacca (TVP).

Un nie categorico quello di Kaczynski che suona come un diktat di partito. Il leader del PiS ha tutte le intenzioni di voler forzare la mano all’attuale Ministro degli esteri Witold Waszczikowski che ha poi paragonato il sistema di distribuzione dei profughi a una forma di «deportazione di massa», nel corso di una recente intervista al canale TVN.

Un dietrofont clamoroso da parte di Varsavia, eppure non del tutto sorprendente, in linea con la politica di “orbanizacja” del paese, perseguita in questi mesi dal PiS. Durante un incontro alla Farnesina con il suo collega italiano Paolo Gentiloni a marzo scorso, Waszczikowski aveva invece confermato la sua disponibilità ad accettare alla spicciolata la quota concordata con l’Ue, ma soltanto a certe condizioni.

Questa volta, il governo polacco sembra fare sul serio, al di là di ogni dichiarazione demagogica di Kaczynski che aveva paventato il rischio di un’«emergenza sanitaria» con l’arrivo dei profughi da Iraq, Eritrea, Siria e Yemen. Secondo gli accordi presi con Bruxelles a dicembre scorso, la Polonia avrebbe dovuto accogliere progressivamente i rifugiati in gruppi di massimo 150 persone.

Allora la Polonia aveva anche dichiarato, sulla scia di quanto proposto da Bratislava, la sua preferenza ad accettare i profughi di confessione cristiana a dispetto di ogni forma di discriminazione religiosa. L’arrivo dei primi 35 immigrati dall’Italia è saltato per motivi burocratici. Varsavia ha denunciato la mancanza di cooperazione da parte di Roma sulla verifica dell’identità delle persone. È gelo anche con Atene che era a pronta a ricollocare un centinaio di immigrati in Polonia.

«Le operazioni di ricollocamento sono state bloccate in larga misura su richiesta delle autorità italiane. I nostri ufficiali non sono stati messi nelle condizioni di incontrare di persona i richiedenti asilo per verificarne l’identità», ha raccontato il portavoce dell’Ufficio dell’immigrazione polacco, Jakub Dudziak in un’intervista al quotidiano conservatore polacco Rzeczpospolita.

Nel caso della Polonia, l’ostruzionismo burocratico è accompagnato anche da una mancanza di cooperazione da parte delle autorità locali. È infatti compito degli enti mettere in pratica la partecipazione dei rifugiati ad un percorso annuale che preveda insegnamento del polacco, formazione professionale nonché il pagamento di un sussidio.

«Soltanto 66 gminy sulle circa 2500 presenti nel paese (la gmina è la più piccola unità di divisione territoriale in Polonia ndr) si sono dichiarate disposte ad accogliere i rifugiati», ha raccontato al manifesto Danuta Przywara, presidente dell’Helsinki Foundation for Human Rights (Hfhr).

L’intransigenza mostrata da Kaczynski in questa circostanza sposa la linea diplomatica degli altri stati membri del gruppo Visegrad che si oppongono fermamente a uno snellimento delle procedure burocratiche per i richiedenti asilo. Mercoledì scorso durante un meeting a Praga, i ministri degli Esteri di Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia hanno respinto la proposta della Commissione europea di ridistribuire i migranti privi di documenti tra gli Stati membri dell’Ue.