Attenzione: «Questa è la settimana chiave per le riforme». Lo ha detto ieri Matteo Renzi ai fedelissimi e nessuno è stato così poco cortese da segnalargli che identica frase aveva pronunciato giusto sabato scorso e in un paio di occasioni precedenti. Particolari. L’importante è che il turboriformatore ha in programma incontri con tutti per la settimane entrante, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, persino, bontà sua, con i senatori dissidenti del suo partito. Fosse solo la girandola di incontri, i prossimi sette giorni sarebbero tanto decisivi quanto i precedenti. Però domani la commissione Affari costituzionali del Senato inizia a votare gli emendamenti, e dunque una drastica accelerazione ci sarà davvero.

Dall’Europa, il Conquistatore è tornato con il carniere vuoto ma con una argomento propagandistico forte che si accinge a usare come una mazza ferrata. «Se vogliamo flessibilità da parte dell’Europa dobbiamo fare le riforme. Per questo ci servono i mille giorni di cui ho parlato», ha ripetuto a porte chiuse anche ieri. Il discorso non farebbe una piega se a Bruxelles Renzi avesse davvero «strappato» (come titolava ieri Repubblica) qualcosa di più sodo di tanti cari complimenti e sentitissimi auguri. Invece niente. La flessibilità «è quella già prevista dai trattati». Il che, a voler essere ottimisti, può suonare come impegno a non peggiorare la situazione, certo non a migliorarla. Le scadenze, per il belpaese, non restano quelle che erano. Rispetto alle timidissime aperture di inizio mese si sono per la verità un po’ irrigidite. Riforme o non riforme, l’Europa ha concesso solo sorrisoni: pertanto cosa si rischi di perdere ove non arrivassero in porto le mirabolanti riforme del Magnifico resta oscuro.

Il socio principale sulla via delle riforme, Forza Italia, spara a zero sull’esito della missione europea del velocista. «Renzi è tutto chiacchiere e distintivo. E siccome lui vende chiacchiere, l’Europa lo ripaga con la stessa moneta», affonda la vicepresidente del Senato Anna Maria Bernini. «Renzi – rincara il capogruppo alla camera Renato Brunetta – torna buggerato e felice. Di pratico non ha ottenuto nemmeno una capocchia di spillo e in autunno servirà una manovra correttiva di almeno 25 miliardi». Avrebbero anche ragione, loro e i tanti azzurri che ironizzano sullo stesso tono. Non fosse che i pasticci di Renzi, sia sulla politica economica che sul fronte delle riforme, sono possibili proprio grazie al sostegno strenuo del loro partito. Più che vere critiche, le intemerate di ieri sono urla dettate dalla frustrazione, perché dalla decisione di sostenere a tutti i costi il governo, Silvio Berlusconi non ha alcuna intenzione di recedere. E se non si smuove lui, le chances di fermare il nuovo prediletto di Frau Angela sono pari a zero.

Il fronte composto da Sel, dissidenti Pd ed ex grillini (più Mario Mauro) lo sa perfettamente. Per questo ha chiesto di incontrare tutti i gruppi parlamentari, sia della Camera che del Senato, per poter illustrare le proprie proposte. Un escamotage studiato apposta per evitare di chiedere un incontro al reprobo per eccellenza, Berlusconi Silvio. Ma si sta facendo strada la convinzione che, se si vuole davvero provare a ottenere qualcosa, quell’incontro diretto in un modo o nell’altro andrà prima o poi chiesto. Più prima che poi.

In realtà a spingere il cavaliere sulla via di una vera opposizione al governo amico, in particolare bocciando la riforma del Senato, ci stanno già provando parecchi dei suoi parlamentari, e ci proveranno di nuovo nell’assemblea congiunta dei gruppi proprio con Berlusconi, fissata per giovedì. Ma per il sovrano suonano ancora molto più convincenti le argomentazioni di Denis Verdini, uno che se non esistesse Renzi dovrebbe inventarlo. Ufficialmente mette in guardia il gran capo dal rischio di una legge elettorale fatta apposta per sbaragliare il centro destra come ritorsione ove la riforma di Matteo venisse silurata. Ufficiosamente tocca un tasto ancor più sensibile, facendo balenare la possibilità di una sentenza più mite nel processo Ruby, un incubo che il cavaliere lo tiene sveglio di notte. E’ probabile che Berlusconi ci speri poco. Ma in fondo le riforme istituzionali chiedono una doppia lettura. C’è sempre tempo per irrigidirsi al secondo passaggio, no?