C’era una volta un presidente del Consiglio che dettava al parlamento i tempi in cui approvare le riforme costituzionali. Era Renzi e si sa com’è finito, proprio per aver perso un referendum costituzionale. Anche grazie alla campagna per il «no» dei 5 Stelle. Adesso sono loro al governo, ma Di Maio ci casca anche lui. «Taglieremo 345 parlamentari entro aprile-maggio», annuncia il vice presidente del Consiglio intervenendo al forum per la democrazia diretta ospitato in Campidoglio dalla sindaca Raggi.

La riforma è una delle due che la maggioranza ha depositato sia alla camera che al senato la settimana scorsa (i testi saranno presentati ufficialmente martedì), l’altra è quella che introduce il referendum propositivo; al contrario di quelle di Renzi sono state accolto abbastanza bene dai costituzionalisti. Anche per ragioni di forma: si tratta di disegni di legge puntuali e omogenei per argomento, sono di iniziativa parlamentare (firmati sia alla camera che al senato dai capigruppo M5S e Lega). Anche se il ministro per «la democrazia diretta» Fraccaro non è riuscito a resistere alla tentazione di annunciare lui i testi. Di Maio ha fatto di peggio, sostenendo ieri che si tratta di proposte di legge costituzionali «presentate dal ministro Fraccaro» e spiegando il taglio dei parlamentari con ragioni schiettamente demagogiche: si risparmia e sono inutili «perché i cittadini non si esprimeranno più attraverso i rappresentanti ma attraverso strumenti di democrazia diretta».

Fraccaro è stato più prudente, confermando l’obiettivo delle riforme approvate «in primavera» ma aggiungendo che «il governo non detta i tempi» al parlamento. Traspare però un’ansia di bruciare le tappe. Realisticamente non si muoverà nulla durante la sessione di bilancio, dopo di che cinque mesi per approvare due disegni di legge costituzionali distinti, con la procedura aggravata che richiede una «pausa di riflessione» di tre mesi tra la prima e la seconda lettura, sono davvero troppo pochi. Invece che una riflessione seria sul ruolo delle camere, ai 5 Stelle evidentemente interessa il taglio delle «poltrone» come argomento per la campagna elettorale delle europee. a. fan.