Se il tema è l’attuazione della Costituzione, lo svolgimento può partire dal tema del giorno: l’amnistia sollecitata dal presidente Napolitano con un messaggio alle camere. Il giurista Stefano Rodotà, presentando ieri la manifestazione del 12, dice subito «è un tema importante»: con buona pace del Movimento 5 stelle che pure lo aveva proposto come presidente della Repubblica e che oggi si scaglia contro. Poi, continua Rodotà, si dovrà vedere la legge, che non dovrà comprendere i reati fiscali. E però «il sovraffollamento delle carceri non cade dal cielo. Dipende da tre leggi: la legge sulla recidiva, la legge Bossi-Fini e la Giovanardi-Fini. E si ritiene che questo sia un grande e drammatico tema, e si è sinceri, non si può eludere la questione di queste tre leggi. Né la riforma del codice penale».

L’attuazione della Costituzione, oggetto dell’appello «La via maestra» (primi firmatari Rodotà, Landini, Zagrebelsky, Lorenza Carlassare e don Ciotti, ad oggi quattro schermate fitte di adesioni singole e di associazioni, sindacati, partiti e comitati, www.costituzioneviamaestra.it) e della manifestazione di sabato a Roma (corteo alle 14 da piazza della Repubblica, palco finale a Piazza del Popolo), non è solo «il progetto per una ricostruzione politica a partire dai diritti, dal lavoro, dalla salute e dalla legalità», spiega il segretario della Fiom Landini, ma l’agenda per l’oggi: «È finito il tempo delle pacche sulle spalle. Chi dice che abbiamo ragione deve rispondere di quello che fa in parlamento».

«Abbiamo voluto una manifestazione aperta e inclusiva, a partire da quelle preparatorie che si svolgono nelle città», spiega la giornalista Sandra Bonsanti (associazione Libertà e giustizia). «Non ci saranno esponenti partitici sul palco. Ma ai parlamentari che aderiscono una cosa chiara la chiediamo: non votino la deroga all’art.138», quello che darà il via al percorso delle riforme del governo Letta-Alfano. «Se l’hanno già votata alla camera, al senato si ravvedano. Ci diano almeno la possibilità di indire un referendum». In concreto: serve una ventina di ’disobbedienti’ che non facciano raggiungere alla legge-deroga i due terzi dei sì del senato. Come fu invece, per la modifica dell’art.81 e l’inserimento nella Carta del pareggio di bilancio.

Rodotà è ancora più esplicito: «Modificare l’art.138 è una rottura del patto costituzionale». E al presidente del consiglio Letta che continua a dargli del conservatore replica: «Sì, sono un vecchio militante del conservatorismo costituzionale. Ma qui c’è un’insincerità di Letta. Non mi piace il modo in cui evoca le tre questioni, la diminuzione dei parlamentari, la fine del bicameralismo perfetto, l’eliminazione della distorsione nel rapporto Stato-Regioni, con quella sciaguratissima riforma del titolo V, fatta tra l’altro dalla sinistra». Se si fosse scelta la strada prevista dall’art.138 «queste riforme sarebbero già in corso di approvazione». Invece la scelta della deroga ha un’altra ragione, per il giurista: «A questo treno si vuole attaccare un altro vagone, quello della modifica della forma di governo, andando verso la forma di presidenzialismo, o del semipresidenzialismo mascherato. E , in un parlamento scarsamente legittimato come quello attuale – è la conclusione – mi pare una pretesa politicamente inaccettabile».

Non mancheranno le polemiche. Come non mancano, fra costituzionalisti, quelle su chi aderisce all’iniziativa alzando i decibel («Non vogliamo la riforma della P2», è un titolo del quotidiano il Fatto). Né mancano i tentativi di «deviare l’attenzione» (Bonsanti): non è la nascita di un nuovo partito, giurano gli organizzatori. Dopo il 12 «continueremo a tenere insieme le battaglie per l’attuazione della Costituzione», ammette Landini. Ma «di partiti ce n’è anche troppi. La nostra ambizione è più grande e più trasversale. Difendere la Costituzione vuol dire cambiare la società, fare nuove politiche economiche e sociali, e aprire questo dibattito per il bene di tutta l’Europa». Iniziando, a casa nostra, dall’imminente legge di stabilità: «Continuano a pagare quelli che hanno sempre pagato. Servono investimenti, tagli al costo del lavoro e un cambio nelle politiche economiche che porti a una redistribuzione del reddito e a una riduzione delle ore di lavoro attraverso i contratti di solidarietà».

«Dalla Costituzione», conclude Rodotà, «si devono riformulare le priorità dell’agenda politica. Anche nelle spese: con le poche risorse che oggi sono disponibili, spendere per gli F35 non risponde ad alcun valore costituzionale».