Il principio ispiratore, il «punto di partenza» del programma del Movimento 5 Stelle in materia di riforme istituzionali – pubblicato in sintesi ieri sul blog di Grillo – è «il contenimento dei costi della politica». Lo stesso slogan usato da Matteo Renzi per lanciare la sua riforma costituzionale, poi bocciata dal referendum del 4 dicembre scorso (grazie anche al contributo dei 5 Stelle). Se Renzi si è ha lungo vantato del suo «taglio delle poltrone», i grillini vogliono adesso «porre fine agli accessi della casta» con «la riduzione del numero dei parlamentari e delle loro indennità» (che l’ex presidente del Consiglio voleva, per i senatori, azzerare).

Altri punti di contatto con la fallita riforma renziana possono trovarsi nella volontà grillina di cancellare il Cnel e le province – già soppresse dalla legge Delrio ma che si (ri)propone adesso di far sparire dalla Costituzione, quando proprio il fallimento della riforma Delrio consiglierebbe un ripensamento. Allo stesso modo similitudini si possono trovare nell’idea di introdurre il referendum propositivo e cancellare il quorum di validità, che per Renzi andava eventualmente abbassato. Naturalmente queste affinità tra grillini e Pd riguardano solo alcune proposte, per quanto non precisamente marginali, e non bastano ad accusare il Movimento di incoerenza rispetto al No del 4 dicembre sul complesso della riforma costituzionale – come invece qualche renziano ha già cominciato a fare.

Più spinti di Renzi nella guerra agli «eccessi della casta», i 5 Stelle propongono di «modificare l’immunità penale dei parlamentari, che dev’essere limitata alle opinioni e ai voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni». Opinioni e voti che in effetti sono già tutelati dall’articolo 68 della Costituzione, che in aggiunta (dopo la riforma del ’93) continua a prevedere solo il divieto di perquisizioni e arresto cautelare dei parlamentari (che invece possono essere arrestati come tutti i cittadini in flagranza di reato o in esecuzione di condanna). Il divieto di arresto diretto è una garanzia per i rappresentanti del popolo che è stata recentemente soppressa (dal regolamento parlamentare) in Turchia, aprendo la strada a una serie di arresti di deputati dell’opposizione.

Tra le proposte migliori dei 5 Stelle c’è quella di unificare l’età minima degli elettori, che adesso è di 18 anni per la camera e 25 per il senato. La differenza effettivamente «contribuisce a produrre maggioranze diverse nei due rami del parlamento» (e va peggio se, come adesso, sono diverse anche le leggi elettorali). I 5 Stelle pensano però di abbassare entrambi i limiti dell’elettorato attivo a 16 anni, malgrado un’identica proposta messa in discussione sulla piattaforma Rosseau abbia già ricevuto parecchie critiche dagli stessi iscritti al Movimento, preoccupati per l’immaturità politica dei 16enni.
Del tutto condivisibile invece la «rimozione dalla Costituzione del pareggio di bilancio (introdotto nell’articolo 81 in era Monti, su proposta convergente di Berlusconi e Bersani e con appena 14 voti contrari, ndr) senza la quale ogni proposta di investimenti produttivi è solo propaganda».

L’ultima proposta tra quelle che andranno al voto degli iscritti sulla piattaforma della Casaleggio associati è l’introduzione dell’«obbligo di consultare i cittadini per autorizzare qualsiasi cessione di sovranità popolare a enti sovranazionali». Al contrario la Costituzione all’articolo 75 esclude del tutto i referendum sulle leggi di ratifica dei trattati internazionali. Questa proposta M5S (che però, nel testo, allarga la possibilità di referendum anche alle leggi tributarie), unita all’altra di introduzione del referendum propositivo, potrebbe consentire la più volte evocata consultazione popolare sull’uscita dall’euro.