Alla Camera, per la prima tornata del giro di consultazioni sulla riforma della giustizia, Conte cala la carta più pesante: «Senza modifiche, per il M5S sarebbe difficile votare la fiducia». Posizione nota, ma è la prima volta che il futuro leader dei 5S lo dice apertamente, senza possibilità di smentita. L’unica a farlo, sinora, era stata la ministra Dadone ma solo per correggersi subito dopo. Quali modifiche? Conte cita tra settori per i quali dovrebbe essere esclusa l’improcedibilità: «Mafia, terrorismo e corruzione». Ripete la lista nel corso della riunione. All’uscita però, con i cronisti, abbassa i toni. Nessuna allusione alla possibilità di negare la fiducia: «Fare minacce non è nel mio stile» e comunque «non voglio nemmeno considerare l’ipotesi che il testo non venga migliorato». Le aree nevralgiche però sono ora ridotte a mafia e terrorismo.

IL SENSO DELLA TRATTATIVA in corso è tutto qui. Subito dopo la riunione di Conte a Montecitorio, Draghi e la ministra Cartabia si incontrano di nuovo a palazzo Chigi, poi la palla passa al sottosegretario Garofolo che sta materialmente buttando giù il testo che il Cdm dovrà approvare, probabilmente già giovedì. I tempi sono strettissimi. Con i regolamenti della Camera l’unica via per evitare il calvario di 4 o 5 voti di fiducia in Aula è che sia la commissione ad approvare preventivamente un emendamento del governo che modifica il testo sulla improcedibilità. La riforma sarà in Aula venerdì. La quadra dovrebbe quindi essere auspicabilmente trovata entro domani sera.

LA CORNICE È DEFINITA. Per i reati di mafia e terrorismo anche non punibili con l’ergastolo non scatterà l’improcedibilità. I nodi ancora da sciogliere riguardano i particolari concreti. Due gli irrisolti principali. Il primo riguarda i reati contro la Pa. I 5S vorrebbero che l’improcedibilità venisse esclusa anche per questi casi. Hanno pochissime probabilità di farcela. Significherebbe quasi cancellare la riforma in materia di prescrizione. L’ala destra della maggioranza non lo accetterebbe, lo stesso Pd è contrario. Ma la parola magica che per i 5S, gli eletti e soprattutto gli elettori, fa la differenza tra vittoria e sconfitta è proprio “corruzione”.

NEPPURE SUI “reati di mafia” c’è ancora intesa. Conte mira a una interpretazione estensiva: non solo i boss e gli imputati ai sensi del 416bis ma anche quelli minori e i concorsi esterni. Il governo, almeno per ora, sembra fermo sul limitare lo stralcio dell’improcedibilità al 416bis ma le prossime ore saranno anche da questo punto di vista decisive. La pressione sui 5S del Fatto, che è a tutti gli effetti una voce interna al Movimento e anche molto ascoltata, ma soprattutto della magistratura, saranno, e anzi già sono martellanti. Il Csm è deciso a far sentire la sua voce prima del voto della Camera. Mattarella aveva chiesto che il plenum convocato per domani non si pronunciasse dal momento che la VI commissione aveva espresso il parere da sottoporre al plenum solo su un segmento della riforma, la prescrizione. La data del prossimo plenum però è il 5 agosto, a voto della Camera già avvenuto. Così la VI commissione ha preso la rincorsa, ha esaminato in tempi record l’intera riforma ed espresso il suo parere fortemente negativo non solo sulla prescrizione ma su altri 3 o 4 punti giudicati “critici”. Il parere sulla Cartabia è stato quindi inserito nell’odg aggiunto del plenum di domani.

IERI, INFINE, si è sbloccata la situazione nella commissione Giustizia in merito alla richiesta di Fi di aggiungere l’abuso d’ufficio, che riguarda non il diritto penale ma quello sostanziale, agli emendamenti. Il presidente Fico ha confermato l’inammissibilità degli emendamenti decisa dal presidente della commissione Perantoni proprio perché esterni al perimetro in discussione. Fi ha chiesto di conseguenza di votare l’ampliamento del perimetro, ma la proposta è stata respinta con 25 voti contro 19. Si è schierato contro la richiesta azzurra anche il gruppo di Toti, sul quale aveva probabilmente esercitato qualche pressione anche palazzo Chigi, e la deputata Giusi Bartolozzi, dopo aver votato in dissenso, è passata dal gruppo di Fi al Misto. Hanno sfiorato il colpaccio gli ex 5S di Alternativa c’è, che volevano allargare il perimetro all’intero processo penale allo scopo dichiarato di bloccare «la controriforma». Non ce l’hanno fatta per appena 2 voti: 23 contro 21.