La legge sul processo penale? Se ne riparla la settimana prossima. Doveva arrivare alle prime votazioni ieri pomeriggio nell’aula del Senato. Non se ne è fatto niente. La riforma che fa ballare la maggioranza ogni volta che spunta, soprattutto perché fissa nuovi e più severi termini per la prescrizione, resta in bilico. Sulla carta tutto è a posto. Il Pd, messo alle strette dai centristi che facevano mancare a ripetizione il numero legale, ha ritirato tutti gli emendamenti firmati dal capogruppo in commissione Giustizia Giuseppe Lumia, incluso quello apparentemente indiscutibile che mirava a far decorrere i termini della prescrizione, nei gravi reati ambientali, non dal momento in cui il reato viene compiuto ma da quando ne ha notizia il magistrato. Essendo evidente che le conseguenze del reato, in concreto l’insorgere delle malattie, possono essere riscontrate con forte ritardo sembrava ed era una norma dettata dal puro buon senso. Niente da fare. I centristi di Area popolare si sono dichiarati soddisfatti. Baci, abbracci e pacche sulle spalle.

 

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Dov’è allora il problema? Nel fatto che portare la legge in aula vuol dire affrontare 170 voti segreti. L’eventualità per il governo di essere battuto in alcuni di questi è quasi una certezza. Dunque bisognerebbe mettere la fiducia, ma il governo è diviso. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, inizialmente dubbioso, è ora quello che più insiste per blindare il provvedimento. Renzi invece esita ed è apertamente tentato proprio dall’idea di affrontare la raffica di voti segreti, vedersi battuto, riportare la legge in commissione e così rimandare tutto a dopo il referendum del 4 dicembre. Un voto di fiducia fatto apposta per cementare l’accordo con Angelino Alfano sul tema incandescente della giustizia non gli sembra il viatico migliore per una campagna referendaria già difficilissima.

Non è l’unica considerazione che suggerisce a Matteo Renzi prudenza. La truppa di rincalzo verdiniana ha già fatto sapere che stavolta non voterebbe la fiducia. In teoria quei voti non servono, ma con l’Ncd in fase di avanzata decomposizione è impossibile avere granitiche certezza sul voto di ogni senatore. La fiducia andrebbe messa su un maxiemendamento, già messo a punto e concordato, che modifica il testo votato dalla commissione ma non sul punto nevralgico della prescrizione. Però l’accordo è solo verbale. Il testo dell’emendamento ancora non c’è. I centristi di Area popolare temono che invece qualche cosa in materia di prescrizione, opportunamente camuffata, finisca nell’emendamentone comunque. Proprio perché si tratta di un argomento così lacerante non è detto che la loro sia solo paranoia.

Di qui i dubbi che il governo potrebbe sciogliere già nella seduta fiume notturna in cui dovrà licenziare anche la nota aggiuntiva al Def. Non è detto però che l’ultima parola arrivi neppure in questa occasione. Il governo potrebbe infatti autorizzare il ministro a porre la fiducia riservandosi però di decidere all’ultimo momento, la settimana prossima. In ogni caso la legge, modificata a palazzo Madama portando i termini della prescrizione per i reati di corruzione dai 21 anni di Montecitorio a “solo” 18, dovrà poi tornare alla Camera.

Silvio Berlusconi, il leader che per due decenni ha rappresentato l’ostacolo che impediva di mettere mano in qualsiasi modo alla giustizia, è per ora e forse definitivamente all’angolo. Ma per il Parlamento italiano parlare di giustizia continua a voler dire giocare con la dinamite. Se poi, come in questo caso, la materia esplosiva va trattata in coincidenza con un referendum che somiglia a una roulette russa tutto diventa persino più difficile.