L’attacco ai diritti sociali è senza dubbio uno dei tratti distintivi del governo del Partido popular. Ma quello di ieri è stato uno dei colpi più dolorosi, prevaricanti, clamorosi e ideologicamente marcati assestati finora al paese dall’esecutivo di Mariano Rajoy. Dopo quasi due anni di polemiche e di rinvii, è stata, infatti, approvata ieri dal Consiglio dei ministri la «riforma» della legge sull’aborto voluta dal ministro di Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón. E sarà una caduta libera nel passato, che cancellerà il diritto di scelta delle donne e porterà la legislazione spagnola (finora allineata a quella dei paesi europei più laici) al 1985. Quasi trent’anni indietro, fino alla prima normativa post-franchista, che consentiva l’aborto in soli tre casi, gli stessi previsti dalla controriforma di Gallardón: stupro, malformazione del feto e rischio per la salute della madre. Anzi, oltre la legge dell’85, perché, con la nuova legislazione – che segue paradossalmente ai tagli sugli aiuti ai disabili – la malformazione del feto può dare accesso all’aborto solo nel caso in cui comporti un rischio concreto per la vita del nascituro.

Si passa così da un modello di libera scelta, basato su scadenze temporali (che garantiva la possibilità di abortire senza giustificazioni entro la quattordicesima settimana), a uno estremamente restrittivo, retto su una serie di motivazioni, che pretende di racchiudere in una lista di soli tre casi la complessità dell’argomento, costringendo le donne a una sorta di percorso espiatorio che le obbliga a rendere ragione della loro scelta. La legge del Partido popular spazza via la normativa socialista del 2010 ed è l’ennesimo mattone nel muro oscurantista che, grazie alla maggioranza assoluta di cui gode in parlamento, sta erigendo implacabilmente il governo di Mariano Rajoy, impegnato, a quanto pare, in una battaglia ideologica per smantellare le conquiste sociali dell’epoca democratica. D’altra parte il governo – che legifera laddove ne sente il bisogno e tace su questioni urgenti come gli sfratti e la corruzione – ha priorità che non coincidono con quelle della maggior parte della cittadinanza. E l’aborto – vera e propria crociata di Gallardón – è evidentemente una di queste. «La vita è un valore fondamentale e lo stato è obbligato a difenderlo» ha sottolineato il ministro. Un obiettivo che, stando ai numeri, la nuova legge difficilmente conseguirà: nel 2010, ad esempio, anno della riforma socialista, i casi di interruzione di gravidanza si attestarono sulle stesse cifre dell’anno precedente (111.500 nel 2009, contro i 113.000 del 2010), a dimostrazione del fatto che le restrizioni legali influiscono solo minimamente sulla decisione delle donne. Ma certo le spingono ad abortire clandestinamente o, nel caso che ne abbiano i mezzi, fuori dal paese. La legge, pertanto, oltre a essere sessista – dato che annichilisce la volontà della madre – ha pure dei risvolti classisti, poiché si ripercuote maggiormente sulle fasce sociali più deboli. «Molte delle donne che ricorrono a noi – spiega una portavoce della clinica Dator, la prima clinica abortista di Madrid – sono ragazze emigrate che per questioni culturali o d’istruzione hanno scarso accesso e scarso conoscimento dei metodi anticoncezionali». Per queste donne, la prospettiva, a meno di essere costrette per legge a un maternità indesiderata, è il riscorso al bisturi di qualche levatrice clandestina, con tutti i rischi che ciò comporta. La legislazione del Pp avrà inoltre importanti ripercussioni anche su un’altra fascia vulnerabile della popolazione femminile: le ragazze minorenni, che dovranno ora ricorrere al consenso dei genitori, mentre la legge precedente consentiva, a partire dai 16 anni, di decidere autonomamente. Il tutto mentre molti contraccettivi sono stati ritirati dalla lista dei farmaci gratuiti e, nelle scuole, l’educazione sessuale è stata fortemente ridimensionata. Il paradosso è evidente: da una parte si vuole ridurre il numero d’interruzioni di gravidanza, dall’altra si oscura l’educazione sessuale con il plauso compiaciuto della Chiesa (che ha parlato di «olocausto silenzioso»), di molte associazioni pro-vita e del mondo cattolico. Non tutto però. Alcune piattaforme, come Redes Cirstianas, che raggruppa centinaia di associazioni di cattolici di base, hanno difeso con convinzione la legge socialista. Rifiuto e indignazione hanno contraddistinto anche le reazioni dell’opposizione e delle associazioni abortiste, che hanno organizzato manifestazioni di protesta durante la serata di ieri, appoggiate dal Psoe e da Izquierda unida. La vice segretaria generale del Partito socialista, Elena Valenciano, ha «parlato di un attacco frontale alla libertà delle donne e ai diritti sociali», prime vittime di una crisi che il Pp sta cavalcando per attuare un progetto politico reazionario, che odora di stantio e che inciderà profondamente sul futuro del paese.

La legge dovrà passare al vaglio del parlamento, ma sarà un voto senza sorprese, il partito del premier Rajoy ha la maggioranza assoluta sia alla camera che al senato.