«Per due mesi vogliamo discutere della giustizia in modo non ideologico. Sono 20 anni che sulla giustizia si litiga senza discutere. Cambiamo metodo. Sarà una discussione la più filosofica, concettuale e astratta prima di approvare la riforma, per coinvolgere l’Italia su questo tema». Matteo Renzi annuncia così, concludendo in serata il consiglio dei ministri, il pacchetto di riforme del sistema Giustizia che si poggia «su 12 punti».

Il premier parla a braccio, come aveva fatto Orlando durante il Cdm. E snocciola gli obiettivi: dimezzamento dei processi arretrati che intasano le aule di tribunale, un processo civile che dura un anno e non oltre. Sulle toghe: «Ci inchiniamo all’indipendenza della magistratura» ma «siamo contrari alle carriere per appartenenza ad una corrente». Sulla riforma del sistema elettorale del Csm, però, nessun «blitz», come temeva l’Anm: se ne riparlerà dopo il rinnovo delle cariche elettive previsto per luglio. Mentre le norme sulla responsabilità civile dei magistrati «devono essere basate su un modello europeo», dunque nulla a che vedere con la responsabilità diretta prevista dall’«emendamento Pini». Le intercettazioni: «Sono l’unico argomento su cui non abbiamo pronta la norma. Faremo un discussione aperta, anche con la stampa». Sul falso in bilancio occorre «una legge degna di questo nome». E ancora: accelerazione del processo penale e riforma della prescrizione; intercettazioni (diritto all’informazione e tutela della privacy); riqualificazione del personale amministrativo.

Insomma, troppo importante e complessa, l’opera che ha in mente il Guardasigilli Andrea Orlando, per rischiare di bruciarla sotto il fuoco incrociato – strano destino – dei berluscones ancora ben posizionati in parlamento e dei magistrati che mostrano già da qualche giorno un certo nervosismo crescente. E invece la coperta strattonata da parti opposte – soprattutto su responsabilità civile delle toghe, intercettazioni, prescrizione e falso in bilancio – rischia di strapparsi, e Renzi non ci sta. Tanto più che ha puntati addosso gli occhi del Consiglio d’Europa che quella riforma strutturale ha richiesto come compito a casa nell’arco del prossimo anno. Il lavoro è tutto politico. Non a caso, il Cdm dove Orlando ha portato ieri le “linee guida” della sua riforma, previsto per le 17, slitta di quasi tre ore. Niente decreti o ddl, dunque, solo linee guida, consultazioni e lunghe trattative. Si procede come per la riforma della P.A.

«Credo che sia l’occasione per recuperare alla giustizia i carattere di infrastruttura democratica», esordisce Orlando presentando il suo progetto. Il Guardasigilli tiene soprattutto alla riforma del processo civile, la cui «via maestra» sarà «l’informatizzazione». «Per separazioni e divorzi, se consensuali, non servirà più andare davanti al giudice», aggiunge Orlando spiegando le nuove forme di negoziazione assistita e di mediazione obbligatoria. È rimasto per ora nel cassetto, il pacchetto dei decreti legge che era già pronto per le riforme necessarie a smaltire l’accumulo dei 5,2 milioni di procedimenti civili pendenti, proprio nel giorno di inaugurazione del cosiddetto «processo civile telematico» che prevede il deposito digitale degli atti processuali di tutte le cause (in primo grado, per il momento) cominciate appunto ieri.

Da via Arenula fanno notare che sarebbe stato inutile, visto l’intasamento pre-vacanziero del parlamento che rischia di far scadere perfino il decreto sul risarcimento ai detenuti, in riparazione della sentenza Torreggiani, varato dal Cdm il 20 giugno e che inizierà il suo iter di conversione alla Camera solo il 21 luglio prossimo. In Parlamento, poi, sono in stand-by anche alcuni ddl “scottanti”: al Senato, l’ex ministro Nitto Palma medita un’accelerazione sui ddl Buemi e Grasso sulla responsabilità civile delle toghe, e sul testo unificato dal relatore del Ncd D’Ascola sul falso in bilancio e sull’autoriciclaggio.