Dopo più di due mesi di feroci polemiche politiche, la costituzionalizzazione della privazione di nazionalità per reati di terrorismo ha fatto pshitt (come direbbe Chirac). Il principio che infligge la perdita della nazionalità per chi ha commesso atti di terrorismo non sarà introdotto nella Costituzione francese. Il Senato ha approvato giovedì un testo differente da quello che era passato un mese fa all’Assemblea: i senatori sono tornati alla redazione iniziale, quella presentata in Consiglio dei ministri nel dicembre scorso, riservando la perdita di nazionalità solo ai binazionali. Ma l’Assemblea aveva modificato questa stesura, perché avrebbe contraddetto l’eguaglianza tra cittadini, estendendo il rischio di perdita della nazionalità a tutti i francesi, scontrandosi però con le convenzioni internazionali, che proibiscono la creazione di apolidi. Il pasticcio della perdita di nazionalità, in altri termini, sta per finire nel nulla. Il Congresso (Assemblea e Senato assieme) potrebbe quindi venir convocato solo per votare (con una maggioranza minima dei tre quinti) una riforma della Costituzione limitata all’introduzione dello stato d’emergenza: una misura meno conflittuale, che secondo alcuni costituzionalisti dovrebbe servire a chiarire il ricorso a questa misura estrema, evitando cosi’ eventuali abusi. Ormai, sembra impossibile arrivare al voto di uno stesso testo all’Assemblea e al Senato sulla privazione di nazionalità.

Era stato François Hollande, applaudito da tutto il Congresso, il 16 novembre scorso, tre giorni dopo gli attacchi terroristici del 13 e i 130 morti, ad aver proposto una riforma costituzionale. Avrebbe dovuto introdurre due nuovi articoli: il primo sullo stato d’emergenza e il secondo sulla privazione di nazionalità per i colpevoli di atti di terrorismo. Ma poi è scoppiata una polemica e il clima si è avvelenato, tra destra e sinistra e all’interno stesso dei due schieramenti. L’ipotesi di introdurre la privazione di nazionalità nella Costituzione ha anche provocato una crisi politica, con le dimissioni della ministra della giustizia, Christiane Taubira, a fine gennaio, per “un disaccordo politico importante”.

Il primo ministro, Manuel Valls, accusa la destra, maggioritaria al Senato, di aver affossato la riforma-simbolo. La destra risponde di non avere “lezioni da ricevere” da un governo in difficoltà e una maggioranza divisa. Gli oppositori, presenti soprattutto nella sinistra del Ps e a sinistra della sinistra, guardano con soddisfazione l’inizio della fine di una misura che ha profondamente diviso la Francia: c’era il rischio che i binazionali venissero considerati dei sotto-cittadini, meno eguali degli altri, guardati con sospetto, come meno francesi perché a rischio di perdere la nazionalità. Del resto, il Codice penale già prevede la perdita della nazionalità per i naturalizzati che hanno commesso reati particolarmente gravi, tra cui atti di terrorismo (ma la novità era di estendere la misura a dei binazionali nati francesi – in Francia vige lo jus soli).

 

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La rissosità del mondo politico, a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali, ha subito trovato un altro argomento di polemica. Oggi, François Hollande, per la prima volta, parteciperà alla Giornata nazionale del ricordo delle vittime della guerra d’Algeria, istituita nel 2012 ogni 19 marzo. Il 19 marzo (1962) è la data degli accordi di Evian, firmati dal generale De Gaulle e già in vari comuni francesi ci sono strade che portano il nome di questa giornata. L’intenzione di Hollande è di arrivare a superare “i rancori della guerra”, che continuano ad avvelenare la società francese. Ma la destra rifiuta “la commemorazione della vergogna e del dolore”, cioè di quella che considera una “sconfitta militare” della Francia. L’ex presidente, Nicolas Sarkozy, accusa Hollande di “adottare il punto di vista degli uni contro gli altri, considerare che c’è ormai un lato buono e uno cattivo della storia e che la Francia è dalla parte sbagliata”. Per lo storico Benjamin Stora, specialista della guerra d’Algeria, la Francia, più di 50 anni dopo, “deve trovare un compromesso perché tutte le memorie possano confluire verso una narrazione nazionale repubblicana”, algerini che hanno conquistato l’indipendenza, pieds-noir (francesi d’Algeria) e harki (combattenti algerini a fianco dei francesi).